La macchina del tempo

La realizzazione della "macchina del tempo" qui descritta darebbe luogo a un sistema affetto  da forti limitazioni intrinseche, ma la teoria su cui si basa segue un filo logico chiaro e difficilmente smentibile.

Quanto qui descritto deve essere considerato più che un oggetto materiale e concreto un "gioco di ombre" che può fornire le seguenti performance abbinate alle seguenti limitazioni:

download il foglio con la bozza originale della teoria elaborata da Gottardo la notte del 5/12/2006.

Cercherò ora di esporre il funzionamento con linguaggio semplice  e chiari disegni esplicativi.

Consideriamo in primo luogo un osservatore che si trovi fermo nel punto identificato dalla coppia di coordinate Xt = (Xo, To), e rappresentiamolo schematizzato come un occhio. Esso avrà il punto di fuoco lungo la retta tratteggiata e sta osservando l'oggetto che per comodità esplicativa sarò un disco luminoso di raggio R

Nella prima immagine l'occhio e posto alla coordinata spaziale zero e nella coordinata temporale To,  e in queste condizioni si osserva il disco come un corpo luminescente circolare di raggio R.  La luce che esso emette e formulata come un'onda elettromagnetica data dalla formula   ξ  =  λν  con  λ = lunghezza d'onda, e con  ν = velocità di propagazione dell'onda nello spazio.

Nella seconda immagine che riporto qui sotto facciamo un "gioco di equlibri" portando l'oggetto circolare ad una distanza doppia compensando la perdita di dimensione percepita con un proporzionale aumento del raggio che passerà dall'originale R all'attuale R1.  Di fondamentale importanza sarà la compensazione dell'intensità di emissione fotonica dovuta alla maggiore distanza moltiplicando l'espressione dell'onda per un fattore correttivo k, ovvero  ξ  =  λνk  sarà la nuova emissione.   Sottostando a queste ipotesi l'osservatore vedrà l'oggetto identico a prima anche se esso si trova a una distanza doppia.

 

                       

Iteriamo ora il procedimento spostando l'oggetto circolare luminescente ad una distanza L3  (tripla), aumentando ulteriormente il raggio che portato a R3  compenserà le nuove perdite apparenti di dimensione dovute alla distanza.   Analogamente aumenteremo l'intensità di emissione dell'onda luminosa in modo che l'osservatore percepisce ancora l'oggetto esattamente come quando era nella posizione di partenza ξ=λν2k.

A questo punto è chiaro che aumentando la distanza ma compensando le "perdite" in luminosità e dimensione si vedrà l'oggetto esattamente come era nella posizione originale e che tale concetto sarà valido anche iterando il processo fino ad una distanza infinita.  Riproduco la situazione nell'immagine che segue:

consideriamo ora il ragionamento al limite, ovvero portiamo la distanza Ln all'infinito a compensiamo di conseguenza la perdita di emissione e di dimensione portando il raggio R all'infinito.

Dalla formula classica della velocità espressa come rapporto dello spazio sul tempo abbiamo:

La cui formula inversa fornisce il tempo:

passiamo ora al limite

e sostituiamo la velocità  ν  con il valore C pari a circa 288 000 Km/sec.   ovvero 288 000 000 m/sec.

Otteniamo quindi la formula:

Questa ultima formula esprime il tempo impiegato dal raggio luminoso emesso dalla sorgente circolare impiegato per percorrere tutta la distanza che lo separa dalla sua attuale posizione fino all'osservatore.   Si può dedurre che se il corpo emettitore distasse 1 anno luce dall'osservatore questo vedrebbe l'oggetto come era un anno prima e non come nel momento in  cui viene percepito.

Sostanzialmente più è lontano l'oggetto e più antecendente nel tempo sarà la nostra percezione.   In effetti questa cosa non ci deve stupire o meravigliare si basti pensare che quando osserviamo una stella essa ci sta mostrando la luce emessa tanti anni fa quanto ci ha impiegato il raggio luminoso a raggiungerci.

Ecco perchè questa "macchina del tempo" se accettata con i suoi limiti enunciati all'inizio dell'articolo è assolutamente funzionale e indiscutibile.

Marco Gottardo. 

 

  Back