Macchine elettriche D.C.

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Macchine elettriche in continua.

 

 
Questo è un tutorial di taglio “medio alto” percui non spaventatevi se alcune cose non saranno di immediata comprensione.Come di consueto cercherò comunque di alleggerire la trattazione con ampie note di fondo pagina, un completo glossario e spiegazioni di appendice.
Chi acquisirà questi concetti potrà ritenersi pronto ad affrontare una discussione sul tema “macchine in continua” anche in sede d’esame presso una qualsiasi facoltà di ingegneria.



Macchine elettriche in generale.
 

Le macchine elettriche si dividono in due grosse categorie, le statiche e le rotante. Le statiche non hanno nessuna parte in movimento e per questo sono sempre ad altissimo rendimento anche prossimo al 99%. In questa categoria troviamo i trasformatori a cui, tempo permettendo, dedicherò un tutorial, e le macchine rotanti suddivise a loro volta in un numero piuttosto elevato di sottofamiglie e categorie.

Titolo Sezione
 


Le macchine rotanti sono, almeno grossolanamente suddivise in:

Le macchine in continua sono a loro volta suddivise in una miriade di sottofamiglie le cui più famose ed usate sono:

 

 Glossario.

Prima di continuare è opportuno acquisire la nomenclatura e la terminologia necessaria. Vi assicuro che molti troveranno illuminanti proprio queste righe in cui cercherò di chiarire il significato di ogni singola “parolina” usata.
Campo: Il campo potrà essere inteso come la regione di spazio in cui si sente l’influenza della presenza di una grandezza fisica, spesso vettoriale, ma non solo. In certi casi possiamo ad esempio parlare di campi di corrente, ed è noto che la corrente non è una grandezza vettoriale bensì scalare (ovvero non è caratterizzata simultaneamente da una intensità, una direzione e un verso). Un campo vettoriale è caratterizzato dal fatto di essere permeato dalle “linee di forza” della grandezza vettoriale in esame.
Linee di forza: Sono le traiettorie che verrebbero seguite da una particella libera di muoversi sensibile alla grandezza sotto esame. Ad esempio poche molecole metalliche in prossimità di una calamita se lasciate libere di muoversi si avvicinano alla calamita fino a trovare stabilità nel “polo”.
Polo (o poli): Dal punto di vista teorico il punto di uscita o di rientro di una linea di forza di un campo magnetico o di induzione. Ricordo a tale proposito che la relazione esistente tra il campo magnetico H e il campo di induzione B è il fattore moltiplicativo µ che corrisponde alla resistenza che impone l’aria (quasi sempre si tratterà di traferro d’aria) al passaggio di una linea di forza. I poli fisici di questo tutorial saranno invece i luoghi concreti in cui vengono artificiosamente creati i campi di induzione basandoci sulla legge della mano destra.
Salienti (o salienze): Termine totalmente interscambiabile con “sporgente” o “sporgenze”. I poli ti tipo saliente (sporgente) hanno solitamente la bobina avvolta nella loro asta dell’espansione polare. Bobine cosi avvolte sono chiamate in bibliografia “concentrate”. Nelle macchine in continua le espansioni polari di tipo saliente sono statoriche.
Polarità: Nei poli di espansione magnetica, ovvero i poli salienti che grazie alla bobina avvolta in essi generano una linea di forza magnetica si verifica che:
·         Le linee di forza sono uscenti dal polo Nord, quindi generano all’indotto una f.m.m. negativa.
·         Le linee di forza sono entranti nel polo SUD, quindi generano all’indotto una f.m.m. positiva.
Solenoidale: Riferito a quel particolare “campo” (vedi glossario) in cui non è possibile identificare un punto di origine e di fine della linea di forza (vedi glossario). Una linea di forza solenoidale è quindi chiusa su stessa, percui una particella resa libera di muoversi lungo di essa alla fine, per quanto ampio sia il giro, ritornerà al punto di partenza. Sono solenoidali ad esempio i campi magnetici e di induzione a meno che non si verifichino delle condizioni non teoriche ma reali in cui siamo in presenza di “Flussi dispersi” (vedi glossario). Mi viene da aggiungere: il campo solenoidale ha divergenza nulla, ma evito e rimando gli interessati alle dispense di metodi matematici per l’ingegneria (disponibili sul mio sito) in cui si parla di Rotore, Gradiente, Divergenza.   
Solenoide: Generatore di campo solenoidale (vedi sopra). Per generare un campo solenoidale è sufficiente un insieme di spire cilindriche (dette appunto solenoide) nel cui asse interno il campo sviluppato è rettilineo per poi incurvarsi non appena uscito dalla struttura cilindrica di cui la prima e l’ultima spira fungeranno da poli (vedi glossario). La traiettoria si incurva sempre di più fino a che la linea di forza rientra nel solenoide chiudendo la sua forma chiusa chiamata appunto solenoidale (vedi glossario). In teoria funziona come appena detto, ma nei casi concreti e relativamente a campi magnetici o di induzione (vedi glossario) la grandezza lungo la linea subisce una attenuazione dovuta al fattore µ (permeabilità magnetica concettualmente simile a una resistenza per i campi di corrente) quindi si attenua sempre più e non riuscendo così a rientrare nel polo complementare da cui è uscito. Parleremo in questo caso di flusso disperso concetto di fondamentale importanza nello studio delle macchine elettriche.
Flusso: Concettualmente più semplice di quanto possa sembrare. Si tratta del prodotto di una superficie (di solito la sezione di un conduttore elettrico o magnetico) per l’intensità del campo che in quel punto l’attraversa. L’unica avvertenza di cui tenere conto e che con il termine sezione si intende quella superficie che risulta perpendicolare al vettore del campo.
Flusso concatenato: E’ quel flusso, come sopra definito, le cui linee di forza cadono sulla superficie contornata ad esempio da una spira di rame. E’ fondamentale sapere che flussi concatenati costanti non hanno alcun effetto sulla spira, mentre flussi concatenati variabili hanno l’effetto di indurre(vedi glossario) una tensione ai capi di una spira. Questa tensione la chiameremo f.e.m. (forza elettro motrice) e sarà indicata con il simbolo ε e definita in valore dalla legge di Lenz (fondamentale per il funzionamento delle macchine elettriche).
Forza magneto motrice: indicata con f.m.m. è il prodotto del numero delle spire per la corrente che le attraversano. Per questa ragione è spesso chiamata Ampère/spire. Solitamente la forza magneto motrice è messa in gioco dalle macchine elettriche al “traferro”(vedi glossario). E’ equiparabile a una caduta di tensione magnetica.
Traferro: Interstizio esistente tra la parte fissa e la parte rotante della macchina. Dal punto di vista fisico (la materia fisica, che ho insegnato parecchi anni nella formazione professionale, e non un pezzo concreto da prendere in mano e toccare) risulta essere equiparabile ad una “resistenza” dato che esistono delle analogie dirette tra grandezze elettriche e grandezze magnetiche (vedi legge di ohm magnetica). Il traferro è spesso sede di dissipazione di energia magnetica.  
 Riluttanza: si sviluppa in maniera più evidente nei traferri ed è sostanzialmente una resistenza, per le analogie elettromagnetiche, al passaggio del flusso o delle linee di forza del campo magnetico o di induzione ad esso proporzionale.   Il prodotto della riluttanza per il flusso magnetico restituisce anche esso una caduta di tensione magnetica (o forza magneto motrice) dando origine alla seconda forma delle legge di ohm magnetica.
Induttore: Quella parte della macchina rotante in cui si sviluppa il campo e lo si proietta tramite i poli verso la sezione antagonista della macchina. Nelle macchine elettriche in continua, siano esse motori o dinamo, l’induttore è la parte fissa.
Indotto: Quella parte della macchina rotante in cui si subiscono le linee di forza generate dall’induttore (vedi sopra). Nelle macchine in continua, siano esse dinamo o motori, l’indotto è la parte mobile.
Statore: Sempre e comunque la parte fissa della macchina rotante.La questione si complica dato che le macchine possono presentare induttore statorico o rotorico a seconda della tipologia costruttiva. E’ già definito a glossario quale è la funzionalità statorica dei una macchina D.C. guardando la voce “indotto”. Riassumendo brevemente, in quanto esula dall’argomento di questo tutorial vediamo un elenco puntato:
·         Macchine A.C. sincrone (statore=indotto, rotore induttore)
·         Macchine A.C. Asincrone (statore=induttore, rotore indotto)
·         Macchine D.C. (statore=induttore, rotore=indotto)
Rotore: parte mobile della macchina rotante, per la funzionalità operativa del rotore a seconda del tipo di macchina vedi glossario voce statore.
Isotropia: Con il termine isotropo, per le macchine elettriche rotanti in continua si intende una eguare distribuzione di forze e campi tra apparato rotorico e statorico. Questa è una definizione più vincolante rispetto a quella in uso per le macchine A.C. sincrone/asincrone in cui si intende che la parte rotorica e rotorica siano entrambi a poli non sporgenti, ovvero a rotore e statore di tipo liscio e quindi con avvolgimenti di tipo distribuito (e non concentrato perché implica un polo saliente attorno cui avvolgere la bobina), all’interno di cave ricavate nel rotore e nello statore.
Eccitazione (o di eccitazione): Riferito di solito a una corrente detta appunto di eccitazione. E’ quella corrente delegata alla creazione del campo di induzione B che farà denominare quella sezione della macchia L’INDUTTORE.
Laminazione: Si contrappone a “massicio”. Si intende che il nucleo magnetico è formato da lamierini isolati e sovrapposti. Il piano di laminazione sarà parallelo al piano di azione del campo B in modo da produrre per la legge della mano destra, una corrente che cercando di scorrere perpendicolarmente incontra le interruzioni dovute agli isolamenti interlaminari al fine di impedire le correnti libere di facoult che porterebbero il nucleo alla fusione per quanto massiccio (si pensi come esempio ai forni ad induzione).I pacchi lamellari sono necessari quando l’induzione non è costante me bensì sinusoidale. Se l’induzione è costante non si sviluppano correnti libere (al massimo un accumulo di potenziale) e quindi il nucleo può essere costruito con materiale massicio.
Avvolgimenti (versi): Il verso di avvolgimento di una bobina ha fondamentale importanza nella costruzione e la funzionalità delle macchine elettriche. Useremo la convenzione derivata dai testi di fisica di indicare con una crocetta un verso “entrante” e con un pallino un verso “uscente”. Personalmente impiego il seguente promemoria. Immaginiamo una freccia scagliata con l’arco su un bersaglio. Se guardiamo il bersaglio da davanti vedremo la coda della freccia ovvero il suo impiumaggio che rappresentiamo come una freccia. Se andiamo dietro al bersaglio vedremo la sua punta, ovvero la freccia che esce, rappresentata come un pallino (punta). Resta cosi definita l’importante convenzione corrente o campo uscente PALLINO, mentre corrente o campo entrante CROCETTA.      J è più facile così …non credete?  
Tamburo (avvolgimento a): nelle macchine elettriche in continua spesso (o sempre) si usa avvolgere l’indotto (vedi glossario) in modalità “a tamburo”. Questa tecnica può essere raffigurata come segue, o almeno io la spiego così ai miei studenti più giovani (15 anni) e vedo che la capiscono. Procuriamoci l’anima in cartone di un rotolo di carta igienica. (questa la abbiamo tutti). Sull’altezza del cilindro tracciamo con una matita tante righette parallele, possibilmente equidistanti. Prendiamo un vecchio relè con i contatti rotti, o qualche cosa di elettromeccanico inutilizzabile, (non rompete qualcosa di nuovo o funzionante perché non ne vale la pena). Scegliamo una delle righette parallele che decideremo essere la prima del nostro avvolgimento, quindi facciamo un piccolo foro e passiamoci da dentro verso in fuori il filo di rame smaltato. Usando piccole quantità di colla gommosa fissiamo i cavi al cilindro sovrapponendoli alle righette tracciate a matita. Ovviamente, una volta raggiunta l’estremità attraverseranno la base del cilindro (in aria) per rientrare nella righetta diametralmente opposta. Una volta raggiunta l’ultima righetta facciamo un forellino e entriamo ne cilindro. Lasciamo una decina di centimetri di conduttore a penzoloni, ed ecco ottenuto il nostro “avvolgimento a tamburo”. una piccola applicazione pratica vale più di 100 disegni su un testo.
Toro (o toroidale): con toro si intende la classica forma a ciambella o ad anello spesso ed è riferito ai nuclei ottimali per trasformatori o per indotti di particolari macchine in continua. Il toro è anche usato negli esperimenti sulla fusione nucleare a caldo di tipo a inversione di campo (RFX cnr di Padova). La caratterista di questi nuclei è che essendo privi di traferro non presentano per i campi e flussi indotti al loro interno una caduta di potenziale magnetico. Con toroidale ci si riferisce invece a quel particolare tipo di avvolgimento che viene avvolto attorno ad un nucleo toroidale. Il termine deriva dal greco e realmente richiama la forma dell’anello che veniva posto sul naso del toro (bovino). 
Collettore: Prima di spiegare cosa è il collettore leggete qui sopra la spiegazione dell’avvolgimento rotorico a tamburo. Alla fine vi troverete con due fili di rame a penzoloni, dove li colleghiamo? Spero sia chiaro a tutti che quanto costruito è l’apparato rotorico (vedi rotore nel glossario), quindi ci vuole un meccanismo che permetta a questi due cavi di essere alimentati da un circuito esterno e di poter ruotare senza intrecciarsi. Il collettore ha infetti due scopi egualmente importanti di cui uno è questo. Ogni collettore è formato da delle lamelle di rame a cui sono collegati i capi di ogni conduttore (o raggruppamenti dei conduttori) dell’avvolgimento a tamburo. Sulle lamelle strisciano le spazzole, per il momento diciamo solo che devono presentare un’elevata resistenza di contatto, ma la trattazione sui materiali con cui costruirle è davvero ampia e complessa. Esula quindi da questo tutorial… che già di per se stesso mi sta sfuggendo di mano come lunghezza espositiva, ma mi sto rendendo conto che senza una così prolissa premessa sarebbe praticamente illeggibile a tutti. Tornando alle spazzole, è bene che queste siano poste in modo da essere ( se solo due) in posizioni opposte rispetto al cerchio che è la base del nostro avvolgimento a tamburo artigianale. La linea diametrale che unisce le due spazzole è nota in bibliografia come piano di commutazione. Volendo avanzare un pò la costruzione del nostro motore/dinamo home made, procuriamoci un’astina di legno bella dritta e che possa fuoriuscire dal nostro tamburo per almeno 5 cm per ogni parte. (in mancanza di una astina cosi bella facciamo pure usando uno spiedino da cucina del tipo lungo). Sagomiamo dei pezzettini di filo di ferro in modo facciano sia da supporto che da cuscinetto. Alla fine spingendolo con un dito dovrebbe ruotare abbastanza libero. Ora vanno aggiunte le lamelle a cui collegare i capi dell’avvolgimento. Procuriamoci del foglio metallico il più sottile possibile (non ho provato ma dovrebbe funzionare anche il materiale di cui sono fatte le lattine, un alluminio tremendo da saldare a stagno a grattandolo un po con la carta vetrata fine alla fine ci si riesce. Ovviamente le lamelle devono essere leggermente minori di 180 gradi una volta curvate e incollate a un piccolo cilindretto del diametro di un paio di cm, questo perché non devono essere in corto tra loro. Questo secondo piccolo cilindro lo ho ottenuto in una prova sperimentale di qualche anno fa, avvolgendo in maniera stretta e compatta, imbevendo in colla vinilica (vinavil) lunghe striscioline di carta. Vi ricordate le stelle filanti? Quei bellissimi coriandoli che venivano lanciato soffiandoci dentro quando eravamo giovani? L’idea l’ho presa da la. Il rotore è pronto. Ora prendiamo  due molle recuperate da delle penne a scatto morte. (heheh, non si butta via nulla). Creiamo, sempre con la carta dei piccoli cilindretti (bloccati con nastro adesivo) dentro cui le molle trovano alloggio ma che fuoriescano per qualche millimetro. Vincoliamole alla struttura nella maniera che ritenete più opportuna in base alla vostra personale costruzione, ovviamente il cilindretto porta molla dall’altro lato è chiuso per impedire che la molla scappi via, e altrettanto ovviamente avrete collegato l’estremo non a contatto delle lamelle della molla con un filo elettrico. Ecco simulato il collettore e le sue spazzole. Ora manca lo statore. Lo statore nelle macchine in continua è l’induttore (vedi glossario), quindi la cosa migliore e simularlo con due magneti permanenti meglio se uguali. Procurasi delle calamite non è difficile, ad esempio nei negozi di bricolage o fai da te vendono quelle per tenere chiuse le ante degli armadietti a un paio di euro. Compriamone due. In alternativa usate quelle degli altoparlanti. Bene…   tenete vicino a voi un estintore J …alimentate con un alimentatore limitato in corrente… e se siete fortunati ed avete lavorato bene…   magia !!!   tutto l’ambaradan si mette in rotazione. Ricordatevi che è solo un giochino didattico, fatto per analizzare il fenomeno a scuola. Non costruite mai un motore così perché siamo ben distanti dalla reale complessità costruttiva di una macchina elettrica con un rendimento accettabile.
Collettore (scopo fondamentale): Per quanto riguarda lo scopo principale leggiamo la voce precedente del glossario.Altrettanto importante è la funzione di raddrizzare la tensione alternata prodotta dall’indotto quando la macchina elettrica è configurata per funzionare come generatore (dinamo). La conversione alternata continua avviene disponendo con opportune sequenze le lamelle e le spazzole. Tra i principali difetti di un sistema a spazzole/collettore c’è la produzione di scintillio che rende vietato l’uso di questo tipo di motori/generatori in ambienti dove può esserci del gas esplosivo o polveri/liquidi infiammabili, Ovviamente dove c’è plasma c’è effetto tunseng (non è la sede per spiegare cosa è ma non è difficile documentarsi) che porta al danneggiamento e al “consumo” delle parti del collettore (spazzole e lamelle).
Passo polare: è semplicemente una distanza solitamente indicata con la lettera greca 2τ “due tau”. Considerata la sezione trasversale (vedi glossario) della macchina elettrica in generale, e rettificata (vedi glossario) contiene in lunghezza un polo “N” e un polo “S”. Per semipasso polare si intende quindi la misura che in una macchina in continua contiene una sola espansione polare di statore.
Piano (o piani di..): nelle macchine in continua si identificano principalmente tre piani, questi sono:
·         Piano polare prolungando le linee di forza che fuoriescono dal centro un polo N al fino al punto di rientro nel polo S, andando dritti anche le linee curvano, si identifica il piano polare.
·         Piano interpolare a volte detto piano neutro. Identificata la distanza tra due poli (immaginiamo di avere disegnato lo statore come aperto e disteso su un piano, ovvero rettificato, cioè reso dritto o piano (cosa che si fa solo sulla carta e dal punto di vista teorico), chiamiamo questa distanza “semipasso polare”, solitamente indicata con la lettera greca τ“Tau”, è il piano che passa tra i due poli successivi. Ne deriva che per una macchina con statore a soli due poli, il piano interpolare che passa a distanza τ“Tau”, dal punto di origine del disegno risulta essere anche perpendicolare al piano polare.
·         Piano di commutazione è il piano identificato dalla coppia di spazzole secondo quanto spiegato più sopra, alla voce collettore di questo glossario. Benchè il piano di commutazione sia fisso durante il funzionamento questo può essere spostato di un certo angolo rispetto al piano interpolare. Quando la macchina è usata come dinamo, spostando il piano di commutazione con un angolo in ritardo si abbasserà la tensione alle spazzole a parità di velocità di rotazione.  
Commutazione: E’ il fenomeno del collettore (vedi glossario) per cui le spazzole entrano in contatto elettrico con lamelle di rotore successive, durante la rotazione. Consideriamo le spazzole sul piano interpolare (a volte chiamato neutro). Quando le spire passano sopra a tale piano non sono sede di f.e.m. e quindi con l’indotto a vuoto l’induzione è nulla mentre a carico intervengono fenomeni sovrapposti che potranno essere studiati separatamente.
Tempo di commutazione: è l’intervallo di tempo nel quale le spazzole cortocircuitano le spire di commutazione, ovvero il tempo in cui la spazzola è elettricamente collegata  con due lamelle contemporaneamente.
Spazzole: i fenomeni transitori dovuti alla presenza di circuiti induttivi danno luogo al scintillio alle spazzole. Queste sono dunque un punto critico per la macchina elettrica. Per ridurre il fenomeno è opportuno aumentare la resistenza di queste operando sul materiale di cui si compongono. Dato che il fenomeno dello scintillio è innescato dalla costante di tempo T= L/R, è evidente che aumentando R al denominatore diminuisce la costante di tempo con l’effetto dell’estinzione più celere delle scintille. Ovviamente bisognerà trovare un compromesso dato che l’aumento della resistenza di contatto diminuisce il rendimento del motore/dinamo. Si adottano i seguenti materiali:
·         Grafite naturale: d.d.p per coppia di spazzole da 1,5 a 2 volt
·         Elettro grafite: d.d.p. per coppia di spazzole da 0,5 a 1 volt
·         Metal grafite: d.d.p. per coppia di spazzole come sopra da 0,5 a 1 volt
Cave: Si tratta di scanalature aperte lungo la lunghezza del rotore in cui sono alloggiati i conduttori. Lo spessore dei cavi quindi non influenza il “traferro” (vedi glossario) che mantiene una estensione costante, quindi “riluttanza” (vedi glossario) costante. Se la forma delle cave è, in sezione, rettangolare allora si dicono “aperte”, se mostrano una sorta di punte che fungono da espansioni polari allora si dicono semiaperte o addirittura chiuse. Lo studio dei campi in gioco è diverso. Ogni cava può contenere uno o più conduttori.
Sezione trasversale: E’ il tipo di sezione che si ottiene tagliando la macchina elettrica come se fosse un salame.
Saturazione: consideriamo una massa metallica inizialmente in quiete. Immergiamola in un campo di induzione B variabile secondo una leggere lineare (una rampa in aumento). Si verifica che le molecole metalliche o gli atomi in caso di materiale puro tendo ad orientarsi all’interno della massa seguendo con la loro polarità quella imposta dalle linee di forza in transito. L’angolo assunto dalle molecole/atomi non è istantaneo o scatto ma bensì progressivo ed ha l’effetto di rendere magnetico anche questo materiale inizialmente neutro a causa del caos interno dell’ordine molecolare. Man mano che l’orientamento avviene tutte o quasi le molecole, ad un certo valore di campo di sono orientate e quindi non vediamo più un aumento del campo totale interno alla massa. La funzione di aumento che prima era lineare tende a incurvarsi e ad assumere un andamento parallelo all’asse delle ascisse nel grafico B-H. Questo fenomeno si chiama saturazione. Aggiungiamo anche che per fare tornare allo stato iniziale la massa bisognerà applicare un campo maggiore di quello che ha portato il blocco alla saturazione dato che ora dovra vincere oltre al campo esterno anche quello proprio generato dalla massa stessa. Questo campo di “annullamento” è noto come campo coercitivo. Questi sono i fenomeni che danno origine al noto ciclo di isteresi quando i campi hanno forma alternata.
Detto questo facciamo un esperimento: prendete in mano un qualsiasi testo, a qualsiasi livello, di “macchine elettriche”. Aprite una pagina a caso del capitolo “macchine elettriche in continua” e leggete alcune frasi. Se riuscite a agganciare mentalmente il discorso allora il glossario ha svolto la sua funzione. Questo anche se non avete mai letto quel testo di macchine elettriche.
Esercizio: se non disponete di un testo di macchine elettriche provate a leggere e a comprendere le frasi che seguono, se vi saranno chiare significa che siete pronti per affrontare lo studio a qualsiasi livello della materia. Se qualcosa vi sfugge tornate indietro e rileggete il glossario.
Inizio esercizio: La macchina elettrica a corrente continua si ottiene disponendo su uno statore a poli sporgenti un avvolgimento di eccitazione concentrato, avvolto intorno ai poli e alimentato in corrente continua, e su un rotore isotropo un avvolgimento di indotto distribuito a collettore, generalmente a tamburo , i cui conduttori sono collocati in cave di tipo aperto ricavate sulla periferia esterna del rotore. Tali conduttori sono collegati alle lamelle del collettore, solidale con il rotore, su cui strisciano in posizione fissa una o più coppie di spazzole o di file di spazzole che collegano l’avvolgimento di indotto con un circuito esterno.
Tutto chiaro?  Se si, provate a rispondere a queste domande:
1.       Quanti fili fuoriescono da questa macchina, se non chiaramente specificato?
2.       Chi è a ruotare? L’indotto o l’induttore? E come si chiama?
3.       I poli di indotto sono salienti concentrati o lisci e distribuiti? Ha senso la domanda?
Fine esercizio.

 Le macchine elettriche in continua, Trattazione. 

Una macchina elettrica in continua si ottiene disponendo su uno statore a poli salienti gli avvolgimenti di eccitazione concentrati e avvolti attorno all’asta dei poli.
L’avvolgimento di indotto è distribuito (in senso di non concentrato attorno a poli salienti, infatti l’indotto è il rotore ed è liscio), di tipo a tamburo i cui conduttori sono inseriti in cave di tipo aperto ricavate sulla superficie del rotore.
I conduttori sono collegati alle lamelle del collettore che risulta coassiale e solidale (fisso, nel senso che non perde giri rispetto ad esso) con il rotore, su cui strisciano in posizione fissa le spazzole. Queste sono organizzate a coppie e generalmente sono da un minimo di una a un massimo di alcune coppie. Hanno lo scopo di collegare il circuito rotante interno con uno fisso esterno.
L’alimentazione dell’avvolgimento di eccitazione può avvenire utilizzando una sorgente esterna di corrente continua detta ausiliaria (eccitazione separata) oppure sfruttando il magnetismo residuo che il circuito magnetico conserva una volta precedentemente utilizzato (macchina autoeccitata).
Lo statore oltre ai poli principali può presentare anche i poli ausiliari e gli avvolgimenti compensatori.
Ora è prematuro descrivere la funzionalità di questi poli, ma ci arriveremo presto.     
Lo statore è realizzato con materiale massiccio in quanto è interessato da un flusso costante nel tempo.
Il rotore invece è costituito da un materiale magnetico laminato in quanto sottoposto a un flusso variabile.
La macchina in corrente continua può funzionare da generatore “dinamo” o da motore. Molto più spesso è utilizzata come motore.
Vediamo la struttura base della macchina vista in sezione trasversale (vedi glossario).
 
Che la foto fa schifo perché è un pò sbiadita lo vedo e mi dispiace, ma qui non ho possibilità di disegnare decentemente, sto usando il notebook con uno schermo piccolissimo e a parte il paint non ho strumenti di disegno. Fotografo quindi questo vecchio disegno usando la webcam integrata e che il cielo me la mandi buona. Analizziamo le parti componenti:
Subito sopra al numero 1 vediamo fuoriuscire i terminali di collegamento connessi alle spazzole del collettore.

 

Funzionamento da generatore.
La corrente continua che percorre il circuito di eccitazione mette in gioco al traferro una forza magneto motrice di tipo rettangolare (quindi alternata anche se non sinusoidale) fissa rispetto allo statore il cui andamento viene visualizzato nel disegno sottostante che rappresenta un tratto della sezione trasversale rettificata (resa piana) e relativa a un solo passo polare.
Come vediamo nel disegno, la parte bassa, rotore, si sposta verso destra, il che corrisponde ad una rotazione in senso orario. I vettori uscenti dai poli sono quelli dell’induzione B, quindi risultano perpendicolari al moto. Le linee tracciate dai conduttori dell’avvolgimento di indotto (rotorico) risultano perpendicolari ad entrambi. Anche se le grandezze fisiche in gioco non sono proprio le stesse assomiglia fortemente alla legge della mano destra di cui c’è una chiara spiegazione più avanti. Nell’algebra dei vettori esistono due tipi di prodotto:
·         Prodotto vettoriale: indicato con X che si esegue facendo il prodotto dei moduli dei vettori interessati e la moltiplicazione del risultato per il seno (tasto sin della calcolatrice) dell’angolo che questi formano tra loro. È facile provare che il senno di un angolo di 90 gradi vale 1, quindi il prodotto vettoriale del vettore induzione (verticale, uscente dal polo rispetto alla superficie del rotore) con il vettore velocità che è perpendicolare ad esso, per il seno di 90 gradi che è appunto 1, vale semplicemente “bv”. Il prodotto vettoriale è però caratterizzato dal fatto che il risultato è a sua volta un vettore la cui direzione si trova chiudendo l’angolo compreso facendo mentalmente ruotare il primo vettore verso il secondo e applicando quindi la regola del “cavatappi”. Ne risulta in questo caso un vettore parallelo alle cave di rotore. Detto questo, è abbastanza banale dimostrare che il prodotto vettoriale non è invertibile   difatti il vettore risultante pur avendo lo stesso modulo sarebbe puntato dalla parte opposta.
·         Prodotto scalare: indicato con il pallino °, si calcola sempre considerando i moduli dei due vettori interessati ma moltiplicando poi il risultato per il coseno (tasto cos della calcolatrice) dell’angolo compreso tra i due vettori. Non ha senso parlare di direzione del risultato perché questo non è un vettore ma appunto uno scalare, ovvero un numero con la sua eventuale unità di misura. Detto questo, e considerando i risultati del punto precedente in cui affermavo che “bv” sono paralleli al vettore L che è adagiato in parallelo sulle cave rotoriche, dato che ha significato di lunghezza del tratto di conduttore in cava sull’indotto, si verifica la seguente relazione:
ε=( v X bL =vbL
Tale relazione è la forza elettro motrice indotta (f.e.m.) su un singolo conduttore di rotore della macchina elettrica convenzionata come dinamo. Ovvero una tensione. Tale tensione sommata aglie effetti degli altri conduttori perviene alle lamelle dove poi sarà prelevata dal collettore tramite le spazzole.
Così abbiamo chiarito, tramite un’analisi interna dei “campi” (vedi glossario) il funzionamento di questa utile e molto diffusa macchina elettrica in D.C.
Per completezza posso accennare al fatto che la velocità radiale periferica del rotore (in qualche maniera imposta esternamente all’asse del rotore tramite un motore primo quale la ruota della bicicletta, una turbina, un motore a scoppio, una pala a vento, ecc) è pari a:
v=Ω(D/2)
dove ho indicato con D il diametro esterno dell’avvolgimento a tamburo sul rotore, mentre  Ω è la pulsazione angolare che sta in relazione con i giri eseguiti al minuto dall’asse secondo la formula:
Ω = 2πn/60
Con n che indica il numero di giri al minuto del rotore.
Ritengo inopportuno approfondire ulteriormente l’argomento dinamo perché la materia è davvero molto vasta, complessa e “difficile da memorizzare”, percui chi fosse interessato può andare a prelevare i miei appunti manoscritti nel sito “gtronic”. Tanto per dare una traccia dovreste guardare, il funzionamento a carico della dinamo, la commutazione, la reazione di indotto.
Funzionamento da motore.
Come già detto non vi è differenza strutturale tra la macchina usata come generatore (dinamo) e come motore. Ricordo solo, a titolo puramente accademico che la dinamo è il convertitore di energia da meccanica ad elettrica mentre il motore, viceversa, converte l’energia elettrica in meccanica.
I sistemi di eccitazione rimangono gli stessi dell’uso come dinamo, magari con qualche ottimizazione:
·         Eccitazione serie
·         Eccitazione derivata
·         Eccitazione a magnete permanente.
Per quanto riguarda i primi due metodi, possono essere implementati in “autoeccitazione” quando le bobine in serie o in parallelo all’indotto usate per l’eccitazione sono appunto attraversate dalla medesima corrente (serie) o dalla corrente derivata (parallelo) della medesima alimentazione. Oppure indipendente quando pure mantenendo la stessa forma e posizione, le bobine di eccitazione sono alimentate da una fonte esterna.
Ovviamente nella versione a magnete permanente ci penserà una calamita statorica a creare il campo B di induzione. 
La macchina D.C. trova più impiego come motore che come generatore data l’ampia possibilità di regolazione e nel contempo la possibilità di miniaturizzazione che la porta ad essere impiega in asservimenti di ogni genere specie di tipo domestico, ludico e auto motive. Ciò non esclude un’ampia possibilità di utilizzo in ambito industriale anche se spesso si ricorre ai motori asincroni trifase (M.A.T.) per la grande potenza che possono facilmente convertire.
Vediamo lo schema di principio del funzionamento di un motore DC con indotto a spazzole e collettore ed eccitazione a magnete permanente.
Osserviamo la figura: Lo statore è formato da un magnete permanente le cui linee di induzione come di consueto escono dal polo N (nord). Supponiamo che inizialmente l’unica spira che rappresenta l’indotto si trovi su un piano perpendicolare a tali linee di campo. Il contorno della spira, supposta quadrata di lato a identifichi quindi la superficie Σ=a2 . Ne viene identificato il flusso concatenato Φ=BΣ. Se questo flusso è costante non c’è f.e.m. alle spazzole e quindi la spira va in corto circuito, ma come stiamo per vedere subito la spira si mette in moto variando la superficie che mostra frontalmente all’induttore. Se ne origina una variazione di flusso concatenato che genera una f.e.m. indotta di tipo controelettromotrice (vedi legge di Lenz in appendice). Che grazie al suo segno negativo si oppone quasi in toto alla tensione che alimenta la spira. Non può opporsi totalmente per due motivi:
1.       Le perdite energetiche non sono nulle e sono immancabili.
2.       Se si opponesse completamente la f.e.m. di alimentazione meno la f.e.m. di reazione darebbe zero, quindi non ci sarebbe corrente nella spira e il fenomeno si estingue.
Verificato che se il motore si avvia (il rotore non è bloccato) la spira non va in corto possiamo continuare con la nostra analisi.
Supponiamo che come indicato nella figura l’alimentazione alle spazzole abbia il positivo nel lato di sinistra e il negativo su quello di destra. Ripeschiamo dal dimenticatoio alcuni basilari concetti di fisica.
Legge della mano destra:
mettiamo tutti la manona come in figura….   La webcam è scadente non sono così bruttino…. Hahahhaha
Analizziamo il significato delle tre ditone…che come vediamo vanno tenute tutte perpendicolari tra loro.
Il lavoro dell’indice è quello di indicare….. quindi indica il verso della corrente, il medio..e tutti i miei allievi di solito ridono, non serve per i gestacci ma per indicare il campo B…..   come promemoria si pensi che “indica il lato B” hahahah   non lo dimenticherete più.
Il pollicione invece è la risultante, ovvero la forza che poi darà origine alla coppia.
Ora mi taglio la mano e vi faccio vedere meglio:
Bene, prendiamo in esame il disegno del principio di funzionamento qualche riga più in su. Analizziamo il lato sinistro della spira, tenendo ben rigido il sistema F-I-B nelle dita appoggiamo l’indice sulla corrente del foglio (quella che sale) e contemporaneamente il medio nel verso del campo. La posizione magari è un po scomoda ma se stampate o fate un disegno più grande su un foglio di carta vi sarà più agevole. Vi assicuro che è un investimento che vale la pena. Comunque vi accorgerete che in automatico il pollice indica il verso della forza nella direzione dove si trova la calamita.
Ripetete il ragionamento sul lato destro e vi accorgerete che F andrà dalla porte opposta.
E’ evidente che si è creata una coppia di forze che per definizione da origine a un momento angolare Ω che è all’origine della coppia. Ovvero la spira entra in rotazione.  
Vi lascio come esercizio la prova di invertire, sulla carta il generatore di tensione che alimenta l’indotto.
Che cosa avete notato che succede?
…..   esatto, J in un motore D.C. spazzole collettore con eccitazione a magnete permanente invertendo la tensione all’indotto si inverte il verso di rotazione.
Nota bene: la questione non è scontata in ogni motore D.C., prendiamo infatti come esempio il campo magnetico sviluppato da un solenoide (vedi glossario) rettilineo. Il campo di induzione che si sviluppa coassialmente ha il verso che dipende dalla polarità di alimentazione dell’avvolgimento. Se ne deduce che se sostituisco il magnete permanente con questa bobina se cambio polarità cambio senso di marcia? NO ! sbagliatissimo, infatti si inverte il campo B ma anche la coppia di forze nella spira di conseguenza:
in un motore DC, spazzole collettore con eccitazione derivata anche invertendo la polarità ai morsetti di alimentazione la marcia del motore va nella stessa direzione che dipende dal verso fisico di avvolgimento delle bobine in fase di costruzione.
Ancora diversa è la situazione se si considera un motore che pur avendo l’induttore “avvolto” riceve la corrente di eccitazione da una fonte indipendente rispetto ai terminali di collettore (indotto).      
Costruiamo la prima interfaccia di controllo:
Da quanto esposto si è dedotto che per invertire la marcia di un mot. DC a collettore ed eccitazione a magnete permanente è sufficiente invertire la tensione alle spazzole. Come fare se abbiamo a disposizione una fonte unipolare (leggasi continua). Data la forte analogia con un argomento già postato in uno dei miei precedenti articoli, per le prossime righe ripesco alcune foto e spiegazioni dato che ben si integrano e se le dovessi rifare verrebbero uguali. Diversa sarà invece la realizzazione pratica della scheda di inversione che è prodotta nella fabbrica cinese che mi ha già fornito la MicroGT-PIC e disegnata con Eagle.   Sono anche ben cosciente delle osservazioni postomi in merito alla configurazione circuitale che comunque continuo a realizzare così dato che è ben testata e funzionante. Ottima soprattutto per l’apprendimento dei concetti di base come si confà ad un tutorial. Mi verrà contestato che in caso di “errato comando” i darlighton si bruciano, e la mia risposta rimane la stessa, cioè evitiamo di dare comandi erronei (anche perché sono errori molto di base), e testiamo i software senza collegare l’alimentazione di potenza (come verrebbe spontaneo a qualunque tecnico delle automazioni). I due led, rosso e verde, presenti nell’interfaccia hanno anche lo scopo di segnalare la presenza di comandi incompatibili, ovvero marcia avanti assieme a marcia indietro che comportano la rottura del ponte. Se qualcuno ne capisce di programmazione di PLC e microcontrollori avrà già intuito che questo comando non può arrivare in presenza di un interblocco software all’interno del programma. Con questo non voglio dire che non esistano configurazioni più complesse e più sicure. Ricordiamoci comunque che nei casi in cui non sia necessaria la regolazione della velocità (tecnica PWM) molti eseguono ancora il ponte usando semplicemente i contatti puliti dei relè. Un ultimo appunto in merito, quando un microcontrollore ha un problema..del tipo si rompe, le sue uscite si forzano basse e non alte…sarebbe molto grave se non fosse così.

Dunque, in linea di principio il ponte ad H funziona come indicato nello schema funzionale qui sotto:

IL ramo di equilibrio non è attraversato da alcuna corrente ed essendo tutti e quattro i contatti aperti i nodi 7 e 9 risultano al medesimo potenziale flottante la cui differenza misurata dallo strumento è zero.

Indichiamo con A-B-C-D i quattro contatti fittizi che nel concreto saranno rappresentati dai 4 transistor mosfet o darlighton che useremo.

Supponiamo ora che vengano a crearsi tramite un dispositivo di controllo quale potrebbe essere un microcontrollore o un PLC, le condizioni di comando di marcia avanti, questo comporta la chiusura dei contatti A-B come in figura.

 

In questa situazione il punto 7 risulta collegato al ramo Vcc a tensione +5V interni, mentre il punto 9 risulta collegato a massa. Lo strumento sarà attraversato da una minima corrente di fuga (il voltmetro ha resistenza interna elevatissima) che farà comparire una caduta di tensione positiva con riferimenti punti 7-9. Nel caso vi fosse collegato il motore questo sarebbe percorso da una corrente di indotto da sinistra verso destra che lo mette in marcia avanti.

 

IL voltmetro segna +5 volt (o comunque la tensione a cui alimentiamo il ponte) solo nel ramo sinistro correttamente riferiti alla massa del circuito, quindi potremmo sfruttare questo "bit" TTL come segnale di comando di marcia avanti del ponte H esterno rinforzato, che andremo a creare. L'atro ramo (punto 9) risulta vincolato a massa quindi fornisce uno zero logico bello stabile.

Eseguiamo lo stesso ragionamento per il ramo destro. Chiudiamo innanzitutto i contatti della diagonale complementare ovvero C-D come in figura:

 

Ovviamente non dobbiamo invertire i puntali del voltmetro perchè questo corrisponderebbe a invertire i morsetti dell'indotto del motore. Vedremo comparire una tensione negativa -5V dato che il puntale nero si trova connesso a +Vcc e il rosso alla massa del circuito.  Se ci fosse collegato il motore l'indotto sarebbe attraversato da destra verso sinistra  mettendolo il rotore in marcia indietro. 

In questa condizione di funzionamento un voltmetro inserito nella gamba destra dell'inverter segnerebbe +5V (o comunque il valore di alimentazione del ponte).

 
 
 
Nel riquadro viola vediamo la sezione del ponte ad H del sistema di sviluppo MicroGT-PIC versatile IDE. IL progetto completo lo trovate postato qui su grix. Notiamo la presenza dell’operazionale, avente lo scopo precedentemente descritto, e dei due zener da 3,3V che forniscono la tensione di riferimento ai comparatori in modo che il bit logico a 5 volt possa sempre e comunque fare saturare il ponte in maniera indipendente dalla tensione di alimentazione di indotto del motore D.C. usato. Notiamo che nella scheda non sono stati montati i diodi di ricircolo perché per il momento non è previsto il pilotaggio con la tecnica PWM che vedremo potrà consentire lo sfruttamento di un’alta coppia all’asse anche con ridotto numero di giri.
(scusate la qualità da webcam, ma io non posseggo una fotocamera digitale).
Vediamo lo schema elettrico di questa sezione:

Tutte le resistenze vanno calcolante considerando circa 10mA con i  volt di alimentazione presenti, quindi se usiamo un motore da 12v dovrebbero essere da 1100, quindi arrotondiamo a 1k (io uso 1k2 e satura benissimo), se abbiamo un motore a 24 e siamo interfacciati con segnali di comando provenienti dal PLC allora metteremo 2k2 (valori testatissimi e assolutamente funzionali).

I darlighton sono indicati come TIP41C, ma voi potrete installare tranquillamente i TIP122, molto comuni, economici e semplici da reperire.

Normalmente io installo un led rosso per indicare la marcia avanti e verde per la marcia indietro, ma questa scelta è assolutamente soggettiva. L’importante è che mai e poi mai i due led si devono vedere accesi assieme perché questo errato comando comporta la distruzione dell’interfaccia. Per questo motivo è bene testare prima il software di controllo scollegando il solo morsetto positivo dell’alimentatore di potenza (quello del motore). I segnali avranno solo l’effetto di accendere i led mentre il motore non si potrà muovere a causa della mancanza di potenza. Se la sequenza di accensione è OK durante tutta la sequenza di automazione allora potremmo collegare la potenza e vedremo ruotare il rotore.

Usando Eagle si è ottenuto un circuito molto compatto e nel contempo robusto e funzionale. Le piste sono state disegnate di largo spessore vista la notevole corrente che si potrebbero trovare a gestire e il supporto PCB è ricavato da un laminato di tipo FR4 in grado di sopportare elevati schok termici ed ovviamente ignifugo.

 
download del filmato del collaudo del ponte H (formato 3gp)
scarica l'immagine del ponte ad H eseguito in dual layer
Questo PCB misura 50mm x 26mm. I file necessari alla realizzazione del PCB usando il CAD Eagle sono scaricabili dal link sottostante, una volta scompattata la cartella sul desktop, trascinatela nella sezione progetti del control panel di Eagle.  Aprite il progetto e fate doppio click sul file schematico. Il board viene poi richiamato automaticamente dall'interno di Eagle con l'apposito tasto.
downlaod la cartella progetto di eagle "ponte ad H"
Per la realizzazione automatizzata dei PCB tramite macchine a controllo numerico è necessario convertire il disegno CAD in un insieme di files comunemente detti gerber. Essi contengono le informazioni relative ai diametri dei fori e delle loro coordinate, le serigrafie, la posizione e gli spessori delle piste sia sul lato saldature che sul lato componenti, la soldermask ecc.
download la cartella compressa contenete i files gerber.
Il primo esemplare del ponte ad H professionale è stato assemblato durante il corso di "elettronica di base" che ho tenuto al centro culturale Z.I.P. Gli allievi hanno subito verificato la differenza di qualità del prodotto professionale rispetto allo stesso homemade. Le saldature sono molto agevoli dato che i fori sono metallizzati e ricoperti da una prestagnatura. La costruzione in tecnologia "Dual Layer" non richiede, come previsto dalla versione precedente in FidoCad, disponibile nel mio sito personale, nessun ponte dato che le piste del piano inferiore sono collegate a quelle del piano superiore direttamente in fabbrica tramite appositi fori metallizzati denominati VIAS. Il PCB risulta inoltre di diversi millimetri più compatto oltre al fatto che la tecnologia FR4 lo rende più robusto per le applicazioni di potenza. Infine il solder (vernice isolante verde) su ambo i lati e la chiara serigrafia nel lato componenti agevola notevolmente il montaggio.
I morsetti, da sinistra verso destra, sono:
·         Indotto motore morsetto positivo
·         Indotto motore morsetto negativo
·         Comando motore avanti (arriva dal PLC o dal controllo)
·         Massa del precedente comando (libero se le masse sono già in comune)
·         Comando motore indietro (arriva dal PLC o dal controllo)
·         Massa del precedente comando (libero se le masse sono già in comune)
·         Alimentazione di potenza positiva.
·         Alimentazione di potenza (massa)
In questa immagine vediamo il ponte ad H collegato ad un classico motore D.C. spazzole collettore a lamelle con eccitazione a magnete permanente. Solitamente questo è istallato nelle automobili e delegato all’asservimento dei finestrini laterali. Questo modello testato al banco richiede una corrente a vuoto di circa 100 mA, mentre in fase di generazione della coppia di avviamento (sempre a vuoto) richiede circa 1A. Come possiamo vedere dall’immagine possiede una riduzione piuttosto robusta ed eseguirà quando alimentato ai dati nominali (spesso detti dati di targa, in questo caso 12 volt). La riduzione farà eseguire a questo motore una rotazione dell’asse al secondo (prova al banco).
Due di questi motori sono stati montati sul robot autonomo denominato “optichair” che è in pratica una sedia a rotelle che assiste grazie a complessi algoritmi e alla presenza di due potenti computer di bordo pazienti affetti da stadi avanzati della SLA. Dopo un’interruzione “forzata” delle ricerche per lo sviluppo di questo automa, e lo smantellamento della versione 2, i lavori stanno per riprendere anche grazie a un gruppo di persone che crede nell’iniziativa e che è disposta a metterci del proprio se non meno dal punto di vista tecnico. Spero che presto potremmo presentare almeno all’università di Padova o altri centri ricerca pubblici o privati la “optichair 3” sgravata da tutte le limitazioni e bachi della versione precedente e con le migliorie tecniche dovute all’avanzamenteo che ha avuto la scienza nel frattempo.
Tornando al nostro sistemino di controllo del motore D.C. sarà possibile pilotarlo in PWM al fine di regolare anche la velocità aggiungendo, sfruttando i morsetti esterni di cablaggio, i 4 diodi shotky per il ricircolo delle extra correnti per effetto induttivo.
Come collegare i diodi di ricircolo (specifico per pcb G-Tronic Robotics)
Il significato dei colori è, come già detto:
·         Blu -> comandi di marcia
·         Rossi -> positivi del motore e dell’alimentazione di potenza
·         Marroni -> Masse, una di queste masse deve collegarsi alla massa del sistema di controllo (PLC o sistema a microcontrollore).
Se qualcuno fosse interessato ad avere il PCB di questo circuito dispongo di alcuni pannellini contenenti ciascuno 10 esemplari. Potrei fornire questi pannellini per il solo rimborso delle spese sostenute per costruirli. Contattatemi con messaggio privato, sono disponibili fino ad esaurimento della piccola scorta.
Personalmente io li uso per piccole applicazioni civili ed industriali, interfacciamento con PLC, interfacciamenti elettromeccanici (pulsanti o joystik), esercitazioni scolastiche dato che il basso costo rende possibile l’esecuzione all’intera classe (venti esemplari), prove varie di laboratorio, robotica.
Chi fosse invece interessato ad avere una certa quantità di questi ponti ad H, (non meno di 100 esemplari) contatti Sandy che vi aiuterà a fare l’ordine facendo da interprete presso la fabbrica cinese in cui ho già depositato i file gerber.
Sistema di controllo in PWM.
La tecnica PWM è impiegata per il controllo della velocità dei motori in continua, ad esempio quello esposto in precedenza, del tipo con indotto a spazzole e collettore a lamelle ed eccitazione a magnete permanente. L’obbiettivo è quello di ridurre il numero dei giri senza perdita significativa di coppia utile all’albero.  
Facciamo le seguenti considerazioni:
·         La coppia istantanea “C” in Newton per metro è proporzionale alla tensione massima presente all’indotto.
·         La velocità di rotazione dell’albero “n” in giri al minuto è proporzionale alla tensione media presente all’indotto.
La tecnica PWM (modulazione dell’ampiezza dell’impulso) è una maniera per presentare all’indotto una tensione di picco tipicamente come da dati di targa (a mio avviso anche di una qualche decina percentuale più alta) e nel contempo variare la tensione media presente al medesimo collegamento elettrico.
Da quanto detto si ha che si abbassa il numero di giri rispetto ai dati di targa ma rimane costante la coppia.
Operativamente vediamo come fare:
In appendice ho messo l’importante definizione di “grandezza continua” che vi invito ad andare a leggere ora. Secondo quella definizione un motore D.C. non disdegna nessun tipo di tensione continua per quanto fluttuante questa sia, anche se ovviamente qualche affetto c’è.
E’ possibile perfino alimentare un motore D.C. con una tensione sinusoidale-raddrizzata (tempo permettendo farà un tutorial di elettrotecnica) semplicemente tramite un diodo di potenza applicato in serie ad una fase del secondario di un trasformatore. Farà male questa tensione al motore? Risposta: No !   non è nelle condizioni ottimali ma comunque funziona. La prima cosa che notiamo è una “perdita di giri” che dipenderà dal fattore di forma (termine non presente a glossario perché troppo specifico della materia elettrotecnica, prendiamo per buono cosi secondo il significato intuitivo).
Alimentazione accettabile dal motore D.C. (pulsante a 100Hz)
Se il motore è in grado di accettare questa forma d’onda, diciamo “inusuale” per la sua destinazione costruttiva a maggior ragione potrà accettare un’alimentazione ad onda quadrata (vedi appendice).
Analizziamo un solo periodo di questa forma d’onda: Come vediamo agevolmente dal disegno la tensione di picco è pari alla parte stazionaria alta nel semiperiodo. La tensione media, ottenuta campionando il segnale alla frequenza minima ammessa dalla regola di shannon,(vedi appendice) risulta pari a Vp mezzi.
I nostri nonni, nel veneto, avrebbero enunciato questo teorema dicendo “un alto e un basso fa un gualivo” che in effetti, nel nostro dialetto rende benissimo l’idea. J
Scherzi a parte, proviamo ad immaginare l’effetto della degenerazione dell’onda quadra in onda rettangolare, ovvero di una variazione del duty cycle.

Se spostiamo avanti il fronte di discesa, tenendo costante la lunghezza del periodo, la tensione media sale di una quantità proporzionale, vedi figura

Se la spostiamo all’indietro scende di una medesima quantità proporzionale, vedi figura.
 In definitiva spostando avanti il fronte di salita il motore aumenta il numero dei giri dell’asse, se lo spostiamo indietro diminuisce il numero di giri all’asse, ma la coppia rimane costante perché il valore massimo della tensione all’indotto non è cambiata. Rimane il problema di come spostare questo fronte di discesa tramite un circuito elettronico.
Oggigiorno il problema è semplice quasi banale dato che esistono una quantità infinita di circuiti integrati dedicati al PWM, ma essendo questo un tutorial di taglio elettronico vorrei fare ragionare i lettori sulla costruzione manuale di questa forma d’onda. Vediamo quindi passo passo come ottenerla usando dei comuni amplificatori operazionali.
Come già ripetutamente detto, mi trovo a Belluno per il campus universitario estivo, e non so quanto dovrò starci, quindi cerco di fare il possibile nonostante la scarsità di mezzi a disposizione. Disegno lo schemino che vede qui sopra a penna e faccio uno screenshot con la webcam. La qualità è pessima ma con un pò di impegno riuscite a leggere i componenti e i collegamenti. Questo tutorial e sulle macchine elettriche e non sugli operazionali, percui tralascio un pò la spiegazione approfondita, ma do comunque le indicazioni per poter montare almeno su breadboard il circuito e vederlo funzionare. Voi direte…   ma questo qui ci vende fumo ! non ha provato il circuito! Vi rispondo… Tranquilli, montatelo e vedrete che funziona, anche perché è un passaggio obbligato per i mie ragazzi della formazione professionale, quindi ogni anno ne assemblo una cinquantina. Funziona quasi tutti sempre al primo colpo.
Attrezzatevi così:
Se non avete un alimentatore duale mettetene due in serie da 12 volt. (non si romperanno) Le alimentazioni duali si fanno proprio così, anche se può sembrare strano. Il punto centrale della vostra serie di generatori diventa la massa del vostro schema elettrico, l’alimentatore più in basso ha il meno che diventa –Vee, e il positivo dell’alimentatore più in alto diventa +Vcc.
Lista componenti.
·         R1 1k
·         C1 100nF
·         R2 2k2
·         R3 10k
·         R4 10k
·         C2 100 nF
·         Potenziometro 47k
·         Deviatore a levetta due posizioni
·         A.O. TL084
Analisi del circuito.
Il primo stadio è un oscillatore ad onda quadra detto a trigger di schmit. E’ quello un po più complicato da analizzare perché avendo la doppia retroazione può mettere in difficoltà i principianti. Ogni dubbio sparisce quando a scuola faccio questa spiegazione, anche se un po approssimativa. L’anello di retroazione negativa contiene una costante di tempo data fa T=R1*C1, quindi a parità di istante di alimentazione ha una risposta più lenta dell’anello di retroazione positva che è invece puramente resistivo. Si tratta quindi complessivamente di una configurazione in retroazione positiva che come tale funziona a scatto comparando i livelli di tensione tra l’ingresso invertente (indicato con meno) e quello non invertente (indicato con più) in cui la tensione sta lentamente salendo secondo la nota curva di carica del condensatore.
La serie R2,R3 costituisce un normale partitore che sta dividendo i valori di tensione presenti tra +Vcc e la massa, ovvero 12v, in circa ¾ e ¼ visto i valori scelti di 10k e 2k2. Quando la carica del condensatore raggiungerà e supererà questo valore (la cosa avviene in circa 2 volte la costante di tempo R1*C1 date le proporzioni resistive scelte) il comparatore scatta portando l’uscita dell’A.O. bassa e iniziando la scarica, con la medesima costante di tempo, del condensatore C1. La scarica proseguirà fino a che si incontrerà la soglia, ora bassa e simmetrica rispetto alla precedente e alla linea di tensione prescelta come massa. A tale valore di tensione raggiunta alla mezzeria del gruppo R1,C1 il comparatore scatta di nuovo portandosi alla situazione di partenza. Il ciclo si ripete all’infinito, o meglio fino a che il circuito non verrà disalimentato. Le due soglie simmetriche rispetto alla massa danno il nome al circuito di comparatore a finestra o appunto trigger di schmit.
Il secondo stadio è un classico integratore, ben funzionante anche come filtro passa basso. A volte, a seconda delle condizioni di lavoro quali ad esempio la frequenza del segnale, funzionerà meglio con una resistenza in parallelo al condensatore C2, che permetterà il bypass alla basse frequenze di funzionamento. Ma che cosa è un integrale? Nulla di cosi trascendentale, non è altro che il calcolo dell’area che sta sotto a una curva tra un istante a e un istante b detti gli estremi di integrazione. Prendete un pezzo di carta a quadretti e disegnate l’onda quadra. Suddividete l’onda quadra in rettangolini verticali identificati dai quadretti. Assegnate un valore, anche fittizio, a questa area e segnatelo con un puntino nello stesso grafico. Fate la stessa cosa per il secondo rettangolino. Unite i puntini e vi accorgente che l’integrale del tratto di costante è un tratto di rampa. Se eseguite questa cosa anche nel tratto negativo dell’onda rettangolare vi accorgete che ottenete una rampa negativa.
Ne deduciamo che: L’integrale di un’onda quadra è un’onda triangolare. E questa in effetti è la forma d’onda trasformata all’uscita del secondo operazionale.
Terzo stadio. Non è altro che un semplice comparatore, in effetti avrete notato che è privo di retroazione. Questi compara l’onda triangolare generata dall’integratore dello stadio precedente con una costante (di tensione) imposta dalla posizione del cursore sul potenziometro collegato tra +vcc e –vee, ovvero ad un salto di ben 24 volt. Dato che la tensione è un pò altina non scendiamo con il valore ohmico sotto i 47k (5 milliampere), anzi se ne avete uno di più altino, ad esempio 100k sarebbe meglio (circa 2,4 milliampere). Se avete a disposizione un oscilloscopio e tre sonde (significa che siete ricchi… ahahha), mettetene una all’ingresso non invertente del comparatore finale, (vedete l’onda triangolare), una sull’ingresso invertente dello stesso (vedete una bella linea dritta che si sovrappone alla triangolare tagliandogli le punte a vari livelli) , e la terza all’uscita del comparatore dove vedrete un’onda rettangolare il cui duty cycle varia in funzione della posizione del cursore del potenziometro.
Deviatore nello stadio di uscita, che collegherete ai due ingressi del ponte ad H precedente. La posizione di questo porterà in marcia avanti o marcia indietro in maniera regolata rispetto alla velocità il vostro motore. Manca la posizione di motore fermo che potrete ottenere o togliendo alimentazione allo stadio oscillatore o togliendola allo stadio di potenza, o semplicemente usando un deviatore a tre posizioni invece che a due.
Buon assemblaggio, e credetemi, anche se io in questo momento non posso montare un prototipo e farvelo vedere a voi funzionerà.
 
 
Appendice di fine pagina.
Legge di Lenz: la forza contro elettromotrice indotta è pari a meno la variazione del flusso dell’induzione concatenato nel tempo. Con il termine “contro” si giustifica la presenza del segno negativo nell’espressione della legge di Lenz che ha come conseguenza che qualunque fenomeno di induzione tende ad opporsi alla causa che li ha innescati. Impone inoltre e in maniera evidente che per rilevare la comparsa di una f.e.m. il flusso non può essere costante ma obbligatoriamente variabile nel tempo anche se con legge non necessariamente sinusoidale. La legge di Lenz è alla base del funzionamento di ogni macchina elettrica, perfino quelle di tipo statico (trasformatori) in cui non essendo parti in movimento la variazione di flusso viene generata variando la tensione di alimentazione, genere con legge sinusoidale, che comporta una corrente e di conseguenza un flusso variabile con la stessa legge. Ecco perché un trasformatore non può essere alimentato in continua. Verrebbe a mancare l’accoppiamento magnetico tra primario e secondario. 
Regola di shannon: affinchè un segnale campionato risulti successivamente ricostruibile, non perda cioè troppa informazione nella conversione da analogico a digitale, dovrà essere campionato (registrato, memorizzato il valore) a una frequenza almeno doppia della fondamentale rispetto alla sua anlisi armonica secondo Fourier.
Analisi di Fourier: semplificazione… un segnale periodico, per quanto complesso, è sempre ottenibile come somma di infinite sinusoidi.   (in aggiunta possiamo dire che queste sinusoide si chiamano “armoniche” ma non ci addentriamo oltre o rischiamo di uscire dal tema di questo tutorial).
Grandezze stazionarie: Una grandezza si dice stazionaria quando in funzione del tempo non ammette alcuna variazione.  Gli accademici direbbero che in ogni istante le derivate temporali di tensione e corrente sono nulle. A noi è sufficiente la prima definizione considerando il fatto che un utente grix potrebbe avere una grande passione per l’elettronica ed essersi fermato alla terza media. Questo non lo deve escludere dalla materia la quale semplicemente va rivisitata con termini più semplici. E’ fondamentale capire che “stazionario” è un vincolo più stretto che “continuo”, e i due termini non sono sinonimi.
Grandezza continua: una grandezza (tensione o corrente) si dice continua quando per quanto fluttui e sia instabile rispetto a un valore nominale dato, non passa mai sotto la linea di zero. Il passaggio sotto lo zero implica infatti una inversione del verso di deriva degli elettroni divenendo così alternata.
Grandezza alternata: i fenomeni elettrici hanno origine dalla presenza delle cariche elettriche negative dette elettroni. Questi elettroni, spinti da opportune pompe (generatori di qualsiasi tipo) possono derivare all’interno dei conduttori dando origini a flussi di cariche (vedi glossario per flusso) che si muovono a velocità piuttosto lenta detta appunto di deriva. Quando la “pompa” elettronica impone un movimento di inversioni periodiche (ripetute regolarmente) o anche solo sporadiche del flusso la grandezza (in questo caso corrente) si definisce alternata. N.B. Alternata non significa necessariamente sinusoidale la quale è invece una particolare forma di alternata.
Onda quadra: dicasi onda quadra una particolare forma di segnale continuo (vedi grandezza continua) costituita da un tempo di permanenza stazionaria (vedi sopra) alta pari al tempo stazionario basso. Ovviamente si intende che il segnale si ripete uguale ne tempo per un tempo indefinito, è cioè periodico. Dato che si definisce “Duty cycle” la percentuale della parte alta rispetto alla parte bassa di un segnale costruito come appena esposto, allora possiamo definire l’onda quadra come quella particolare onda rettangolare caratterizzata da un duty cycle del 50%.
Relazioni magnetiche fondamentali: elenco delle leggi di base che un elettronico dovrebbe conoscere anche se fortemente sconfinanti nel campo dell’elettrotecnica:
cominciamo con le analogie magneto elettriche:
·        ß (riluttanza) = R (resistenza)
·        Φ (flusso) = I (corrente)
·        F.m.m. = V (tensione)
La f.m.m. si ottiene moltiplicando la corrente I per il numero delle spire 
f.m.m. = N* I
Ma la f.m.m. (tensione magnetica) si ricava anche moltiplicando il flusso per la riluttanza, quindi
f.m.m. = Φ* ß
ne consegue che:   Φ* ß = N* I
equazione che risolta rispetto al flusso da: Φ = (N* I)/ ß che è la legge di ohm magnetica.

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