Tecnologia Elettrica |
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Componenti elettrici.
Pagina in costruzione.
Un altro parametro fondamentale per l’isolatore è la corrente nominale definita come la massima corrente che può passare per un tempo infinito senza far danni. Alla corrente nominale sono direttamente collegate le sollecitazioni termiche al quale è sottoposto il componente: si ha una potenza per effetto termico che deve essere smaltita. Si dovrà verificare che il materiale isolante sia compatibile con le temperature alle quali il componente si porta nel normale funzionamento. Per questo motivo gli isolanti sono divisi in classi.
Classe A: carta, carta impregnata, cartone, olio. Temperatura di funzionamento 105°C (trasformatori in olio): si tratta di un limite assoluto ovvero si considera anche la temperatura dell’ambiente in cui si sta lavorando. |
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Classe F: temperatura di funzionamento 155°C (motori asincroni). Se l’isolante tiene di più allora si possono avere più perdite, quindi con dimensioni minori (rispetto all’isolante di classe A) si può smaltire la stessa potenza termica.
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Classe H: temperatura di funzionamento 180°C (trasformatori a secco). |
Si tratta delle temperature massime che garantiscono la vita dell’isolante per l’intera vita del componente (20 anni).
La necessità di realizzare dei componenti standard che possano essere venduti in modo competitivo in tutto il mondo ha portato alla convenzione per cui ci sia una uniformità nei valori nominali delle correnti, delle potenze dei vari componenti elettrici.
Partendo da un valore nominale di corrente di 1A la taglia successiva è stata stabilita in modo da garantire un valore del +25% del valore precedente.
Questa scala è detta R10 (si usa anche per le potenze nominali dei trasformatori).
Le correnti nominali sono riferite ai componenti e dovranno essere superiori a quelle di funzionamento del circuito in cui i componenti vengono inseriti. La corrente nominale e quella corrente che il componente deve portare senza che venga danneggiato. Il punto critico è rappresentato dalla qualità del materiale isolante.
I cavi sono generalmente isolati in:
· PVC temperatura max di lavoro: 70 °C
· EPR temperatura max di lavoro: 90 °C
Il polietilene raramente si può usare da solo fino a 70°C. Il polietilene che sta prendendo sempre più piede è l’XLPE dove le catene di monomeri sono legate tra di loro (cross link polietilene).
Si tratta di temperature assolute e questo rappresenta un problema in quanto per smaltire la Pj si deve realizzare un salto termico DT (T-Tamb); la temperatura ambiente per quanto ci riguarda può variare tra 30¸40 °C. La temperatura media che possiamo considerare è di 30 °C. Le temperature delle classi di isolamento non vanno intese come temperature medie ma come temperature limite oltre il quale non si deve andare in nessun punto della macchina. Le portate dei cavi sono riferite a temperature medie di 30 °C.
Nei quadri in BT l’accoppiamento cavo-interruttore è un’operazione critica. Ogni costruttore definisce le caratteristiche termiche del proprio componente; sulla morsettiera degli interruttori i costruttori dicono che il salto termico massimo consentito è di 60 °C. Ora se la Tamb=40°C Þ considerando il DT=60°C la temperatura massima che si potrà avere al morsetto è di 100°C; se il cavo è isolato in PVC ed ha una T=70°C nel caso in cui il morsetto raggiunga i 100°C il cavo viene surriscaldato con conseguente usura dell’isolante. Si tratta di un problema di coordinamento dei componenti.
Tuttavia questo inconveniente è limitato i primi 10¸20 cm di cavo: qualcuno suggeriva di tenere separati i due conduttori in modo che nel momento in cui l’isolante si sbriciola sia comunque garantito un isolamento (aria) e scongiurato il contatto elettrico. Nel caso di collegamento dei conduttori ai morsetti dell’interruttore è bene non legare insieme i conduttori prima di 20¸30 cm in modo che nel caso del collasso dell’isolante sia garantito l’isolamento e sia garantita anche la massima capacità di smaltimento del calore.
Spesso e volentieri i punti che raggiungono le massime temperature sono difficilmente accessibili.
Anche per i trasformatori è difficile misurare la temperatura; solitamente si va a misurare la temperatura a cui si porta l’avvolgimento mediante misura di resistenza. Per la classe A 105 °C DT=65°C Þ DTavvol.max=60°C. Il salto di temperatura dell’avvolgimento non deve superare i 60 °C. Questa temperatura va intesa come temperatura media.
Il costruttore, il progettista dopo aver eseguito tutti i suoi calcoli sottopone il componente alla verifica termica. Si tratta di una prova cattiva in quanto mentre le altre prove con esito negativo possono essere risolte con un indennizzo in denaro (le perdite a vuoto sono maggiori di quelle che si era stabilito nel contratto) e con un minore esborso per il componente da parte del cliente; in caso di esito negativo della prova termica questo tipo di accordi non esiste e il cliente si rifiuta di comprare il componente. La prova termica è importante in quanto se la temperatura eccede di 6¸7 °C la vita della macchina dimezza. Nel caso di superamento della temperatura si può declassare la macchina portandola ad esempio da 250 kVA a 200 kVA.
Si hanno problemi anche in base al tipo di utilizzo: è differente progettare un trasformatore da distribuzione piuttosto che un trasformatore per alimentare un grosso blocco raddrizzatore. In tal caso infatti le perdite sono molto diverse; si fanno sentire molto di più le perdite addizionali per effetto pelle e di prossimità.
I punti critici degli avvolgimenti sono le testate. Un ulteriore problema è legato non al materiale isolante ma al conduttore: ci sono infatti dei punti in cui si eseguono dei collegamenti-contatti tra due conduttori e in queste giunzioni si ha il problema della resistenza di contatto.
Nel collegamento tra due funi l’Enel impone che la resistenza della giunzione sia minore della resistenza di un normale tratto di conduttore. Dal punto di vista termico il problema è rappresentato dalla pulizia del contatto (si deposita uno strato di ossido); ci sono dei requisiti nelle giunzioni che dipendono dal tipo di materiale.
Il problema termico non è da ricondurre solamente alla pulizia ma anche alla temperatura dell’ambiente. La norma dice che per le sbarre di rame collegate da bulloni a seconda dei diversi fluidi in cui si trovano immerse le DT massime rispetto all’ambiente sono:
aria Þ DT=35°C
SF6 Þ DT=65°C
Olio Þ DT=40°C
Vi sono problemi nelle connessioni fisse ma anche nelle connessioni mobili (interruttore). Quello che si fa è depositare sulle giunzioni dei materiali pregiati come argento o nichel che producono ossidi per temperature superiori. Risulta comodo quindi non modificare il progetto rivestendo semplicemente i conduttori (nella giunzione) di argento. Il contatto non sarà più rame-rame ma argento-argento.
È necessario anche che il contatto tra materiali pregiati si mantenga dopo un congruo numero di operazioni. Per 1000 manovre basta uno spessore del rivestimento di 30 mm affinché il contatto sia sempre argento-argento. A causa dell’usura meccanica ci sono delle prove che verificano le caratteristiche sia da nuovo che da vecchio.
Nella vita dell’impianto ci possono essere dei corto circuiti e questi devono essere considerati nella fase di progettazione di un componente. Ci sono degli specifici componenti (interruttori) che interrompono il circuito nel momento in cui si manifesta un corto circuito. Tutti gli altri componenti del circuito devono essere in grado di sopportare gli effetti della corrente di corto circuito negli istanti in cui essa sussiste. La corrente può raggiungere il valore di picco (il massimo che si può raggiungere con solo circuito induttivo è di ).
Le correnti di corto circuito sono sfasate notevolmente rispetto alla tensione che le genera.
L’asimmetria dipende molto dal e quindi da dove avviene il corto circuito. Se il corto avviene in BT il è generalmente elevato mentre in MT il è basso in quanto conta maggiormente la parte reattiva. BT ® MT ® .
Il guasto deve essere interrotto nel minor tempo possibile Þ COORDINAMENTO DELLE PROTEZIONI
Le correnti nel lato MT possono rimanere per 0,5¸1,5 secondi; in genere è richiesto di estinguere il corto in 1 secondo.
Gli effetti associati alla corrente di corto circuito sono lo smaltimento della potenza Joule accumulata per effetto termico e le sollecitazioni elettrodinamiche. Se facciamo riferimento ad 1 secondo potremo dire che il componente deve resistere all’energia messa in gioco dalla corrente di corto circuito. Dati i brevi tempi si considera che i processi siano completamente adiabatici.
Per quanto concerne le sollecitazioni elettrodinamiche possiamo dire che una corrente dà luogo a sforzi elettrodinamici non trascurabili. Facciamo due conti:
Considerando che le forze dipendono dal quadrato della corrente…
Condizioni nominali: Forza 1
Condizioni di corto circuito permanente: Forza 100
Condizione transitoria: Forza 625
Il problema è che la forza è un impulso di breve durata e non uno sforzo graduale.
Queste sono prove di tenuta alla corrente termica e prova di tenuta alla corrente dinamica di corto circuito.
2.1 CURVE DI VITA DELL’ISOLANTE
EPR:
A 90 °C di temperatura massima è legata una aspettativa di vita di almeno 20 anni (200000 ore). Se si ha un corto circuito sul cavo isolato in EPR si può superare la Tmax di 90°C (che è presa in corrispondenza del conduttore centrale). Per il materiale isolante viene definita una temperatura a regime (90°C) e una temperatura che il materiale può sopportare soltanto per brevi tempi (1 sec) che per l’EPR è di 250°C.
Linea aerea: è caratterizzata da un isolamento autoripristinante.
Linea in cavo: l’isolamento non è autoripristinante.
La prova prevista dalla norma per la linea aerea consiste nell’applicare 15 impulsi da 125 kV di una polarità e 15 dell’altra polarità e si considera superata se si produce la scarica al più per 2 volte.
Se l’isolamento è solido la norma prevede di applicare solo 3 impulsi da 125 kV per polarità e naturalmente prevede che la prova sia superata solo se non si verifica nessuna scarica.
Per poter controllare il campo è necessario realizzare le condizioni di condensatore cilindrico (il campo ha intensità maggiore nella superficie più vicina al conduttore). La sezione del conduttore è formata da più trefoli (fili elementari) in modo da rendere più flessibile il cavo.
Per questo motivo non si ottiene un cilindro perfetto e il campo non è uniforme con una conseguente diversa sollecitazione nei diversi punti. Per eliminare le punte e le gole create dall’unione di questi trefoli si deposita al loro esterno uno strato di gomma semiconduttrice che viene caricata ad esempio con grafite.
Prima dei fili elementari conduttori in rame si mette una copertura di isolante conduttore (schermo). Negli ultimi anni il rame ha avuto un aumento del prezzo pari al 50%; l’alluminio costa meno (anche perché pesa meno) però è meno flessibile.
CAVI IN BASSA TENSIONE:
in un sistema di bassa tensione l’isolante deve tenere 2 kV; lo spessore dell’isolante è di 1 mm o inferiore. Si tratta di uno spessore considerevole rispetto al valore della tensione da tenere tuttavia il conduttore deve resistere a sforzi oltre che di natura elettrica anche di natura meccanica.
Le sezioni più piccole sopportano delle densità di corrente maggiori rispetto a quelle più grandi perché il limite è dato dalla Tmax che non deve essere superata.
Nella scelta di un cavo devono essere valutate:
·
· Cosa succede nel caso di corto circuito? Per l’effetto dinamico la cosa più critica è l’ampiezza della corrente nel primo picco. Per controllare questo primo effetto i trefoli conduttori vengono intrecciati (elica). Il comportamento del cavo dovuto a questi sforzi dipende anche dalla modalità con cui viene fissato il cavo. Secondo la norma la corrente di corto a cui si fa riferimento è quella di un circuito in MT con basso che raggiunge un valore . La corrente di corto mette in gioco anche un’energia Joule non trascurabile.
Si ritiene che il riscaldamento del cavo dovuto alla corrente di corto circuito avvenga in un tempo così breve che non ci sia smaltimento di energia attraverso scambio di calore con l’esterno. Processo adiabatico.
L’energia messa in gioco si trasforma in energia interna del conduttore. La norma impone che la sovratemperatura non sia superiore a 250°C (per l’EPR); il vincolo non è rappresentato dalla possibilità che il rame possa fondere ma dal mantenimento dell’integrità dell’isolante.
SCHEMA ELETTRICO IN MEDIA TENSIONE
Della distribuzione in media tensione dell’Enel sono dati ad esempio i seguenti parametri:
dove è la tensione nominale mentre è il potere di interruzione.
3.1 INTERRUTTORE
Dispositivo che è in grado di interrompere la corrente di corto circuito che può manifestarsi in un impianto.
La norma prevede che per i correnti di corto circuito inferiori a non si prendano in considerazione.
Per i la norma prevede:
· Se ;
· Se .
L’Enel non dà mai una inferiore a . La dell’interruttore è determinata da caratteristiche fisiche che consentano di interrompere la e potrà essere anche superiore alla dell’impianto.
Anche la cabina viene protetta in riferimento alla .
L’interruttore deve essere in grado di aprire la corrente di cortocircuito.
Questo dispositivo può essere comandato sia manualmente sia attraverso un relé di protezione
È un dispositivo che seziona l’impianto solo in assenza di correnti.
Ha tre posizioni: chiuso, aperto, messa a terra.
In media tensione le tre operazioni sono fatte da un unico dispositivo mentre in alta tensione la messa a terra viene fatta con un sezionatore di terra.
Ci sono una serie di interblocchi meccanici che impediscono eventuali operazioni in conflitto ad esempio aprire un sezionatore finché l’interruttore a valle non è aperto è impossibile poiché meccanicamente interbloccato
3.3 INTERRUTTORE DI MANOVRA
È un dispositivo in grado di aprire la corrente nominale.
Nello schema che abbiamo visto deve intervenire solo per aprire la linea quando sia necessario lavorare sul trasformatore.
Questo interruttore non è in grado di aprire la ma deve essere in grado di sopportarla.
Nel caso di guasto deve aprire il circuito l’interruttore a monte che è posto nel punto di consegna dell’Enel.
È munito di una bobina di sgancio controllata da dei dispositivi che valutano la temperatura nel trasformatore (olio) Þ svolge quindi anche la funzione di protezione del trasformatore nel caso di sovraccarico.
Sono anche previsti dei pulsanti per l’allarme antincendio collegati alle bobine di sgancio.
3.5 RIVELATORE PRESENZA/ASSENZA TENSIONE.
È un dispositivo molto importante ai fini della sicurezza delle persone, di per sé è un qualcosa di basso costo e che occupa poco spazio.
È molto semplice ed è in grado di “sentire” la presenza o meno di tensione direttamente sulla fase del circuito.
Viene realizzato con un divisore di tensione capacitivo con una lampada al neon messa in parallelo alla capacità di BT: se è accesa significa che c’è tensione, altrimenti no.
Ne viene installato uno per ogni fase attiva.
Uno dei problemi principali era legato all’affidabilità a lungo termine in quanto non era prevista nessuna manutenzione; attualmente però si stanno mettendo a punto dei sistemi più affidabili che richiedono scarsa o addirittura nulla manutenzione.
In MT gli interruttori utilizzati sono prevalentemente in vuoto o in SF6, mentre non si fanno più quelli in aria e a piccolo volume d’olio.
Il condensatore A in realtà è un isolatore capacitivo.
Esso è simile agli isolatori portanti; al suo interno vi sono due elettrodi sferici che fungono da capacità.
I valori di capacità che si ottengono sono molto piccoli e si aggirano intorno ai 35 pF.
Inizialmente si utilizzavano delle vere e proprie capacità da 70¸150 pF le quali sono state sostituite dalle sferette in quanto sono di più facile realizzazione e di minor costo data la funzione che devono svolgere.
Uno dei problemi legato alla sicurezza è rappresentato dal fatto che se cede l’isolamento dell’isolatore capacitivo e per qualche motivo la capacità di BT si porta al livello della MT si possono avere dei danni per le persone.
Per tale motivo sono in fase di studio alcune norme per salvaguardare le persone da incidenti di questo tipo.
INTERRUTTORI
Per gli interruttori aprire correnti piccole come quelle dei trasformatori o cavi a vuoto può essere un problema.
Per questo nelle caratteristiche si danno anche i valori di corrente che riescono ad aprire per i trasformatori e cavi a vuoto (16A e 25A sono valori tipici).
La progettazione in BT ha una filosofia diversa rispetto a quella di MT. Innanzitutto vi è una grossa differenza tra le correnti di cortocircuito di MT rispetto a quelle di BT.
Requisito di primaria importanza da tener presente è che si deve garantire il massimo servizio di continuità alle diverse utenze.
Ciò significa che se avviene un guasto ad un’utenza di BT gli interruttori devono intervenire in modo tale che venga isolato unicamente il tratto di linea con il guasto e non l’intera linea a
monte fino al trasformatore altrimenti si creerebbe un forte disservizio.
L’interruttore dell’utenza BT deve intervenire per primo e nel minor tempo possibile in caso di guasto.
Gli interruttori a monte, invece, verranno opportunamente ritardati in modo da garantire una corretta selettività d’intervento.
(I magnetotermici domestici riescono ad intervenire in un tempo così ristretto che il cortocircuito non si manifesta nella sua interezza).
Quando c’è un cortocircuito si abbassa la tensione della rete; quando l’interruttore apre la rete torna al valore normale di tensione.
Il valore di picco serve per il dimensionamento delle sollecitazioni elettrodinamiche, mentre il valore di corrente di cortocircuito permanente è indispensabile per le valutazioni delle sollecitazioni termiche.
In BT gli interruttori sono in grado di intervenire prima del primo picco della Icc, ovvero prima di Ip e per questo si parla della corrente di cortocircuito presunta ovvero quella che si avrebbe se non si avesse l’interruttore.
Ci sono dei dispositivi che intervengono in meno di 20 ms, anche in 10 ms.
Corrente che passa grazie al tempestivo intervento dell’interruttore
La domanda allora potrebbe essere: per quale corrente dobbiamo dimensionare il circuito?
È inutile dimensionare i componenti per le sollecitazioni elettrodinamiche dovute alla Ip, ma si dimensionerà l’impianto in corrispondenza alla corrente limitata che l’interruttore apre.
Quindi il dimensionamento delle linee che alimentano le utenze di BT possono essere fatte secondo l’effettiva corrente che passa.
Gli interruttori a valle di BT non hanno la regolazione del tempo d’intervento in quanto essi devono intervenire nel minor tempo possibile: tali sono detti interruttori a scatto indipendente.
Gli interruttori a monte non devono intervenire subito ma solo dopo un certo tempo e solo se l’interruttore a valle non è riuscito ad aprire.
Neppure l’interruttore in MT deve intervenire appena sente il guasto altrimenti metterebbe fuori servizio l’intera linea.
L’intervento deve avvenire solamente se gli interruttori a valle non intervengono.
Nel caso in cui il cortocircuito si manifesti in MT essendo che gli interruttori intervengono con un certo ritardo temporale, la corrente di picco si manifesta sempre e quindi si dovrà tener conto anche di una certa energia che viene messa in gioco.
La norma stabilisce che il guasto debba comunque essere estinto entro 1s.
È chiaro che nel caso di cortocircuito lato MT, gli interruttori a valle in BT devono essere in grado di sopportare la corrente per un certo tempo (almeno 1s) soprattutto per quanto riguarda le sollecitazioni elettrodinamiche, ma anche per ciò che considera l’energia termica.
Per tutti i componenti viene identificata la ovvero la corrente di cortocircuito che il componente è in grado di tenere.
Tutti gli interruttori dello schema in analisi devono tenere una corrente di cortocircuito di 12,5kA (1s). L’interruttore oltre ad essere in grado di aprire deve anche tenere questo valore di corrente .
In Italia cortocircuiti che durano 1s non ce ne sono. Il relé dell’ENEL interviene in 300 ms, quindi tutte le protezioni a valle devono essere tarate per intervenire in tempi minori.
Un altro parametro di corrente di cortocircuito è la : massima corrente che l’interruttore è in grado di aprire.
Quando l’interruttore apre vede, ai suoi capi, la “tensione di ritorno (di ristabilimento)” che a regime è la tensione verso terra sinusoidale a 50 Hz, ma in transitorio presenta delle sovratensioni; tali sono le SOVRATENSIONI DI MANOVRA (o SOVRATENSIONI DI RITORNO): dipendono dalla configurazione della rete, dal tipo di carichi,ecc…insomma dipendono da molte variabili per cui la norma stabilisce un caso standard.
41kV: valore massimo di tensione che si deve presentare non più di 88ms dopo l’estinzione della corrente.
Questo è uno dei problemi per cui il teleruttore deve essere veloce.
Gli interruttori di MT devono essere in grado di svolgere determinati cicli di operazioni definiti in fase progettuale. In genere dopo l’apertura si riprova la chiusura per vedere se il guasto si è autoeliminato e in caso negativo si rifà la manovra d’apertura. Il ciclo di manovre tipico è il seguente:
O t CO t CO
Dove: - C = chiusura
- O = apertura
- t = tempo di attesa. Usualmente sono 3 minuti.
Questo tempo serve ad immagazzinare l’energia nelle molle
sufficiente per effettuare l’operazione di chiusura e di apertura
immediata (CloseOpen).
Gli interruttori in SF6 sono in grado di eseguire una cinquantina di manovre di questo tipo, mentre quelli in vuoto arrivano fino a 200 manovre.
Oltre alla funzione di apertura l’interruttore deve essere in grado di stabilire il circuito, per cui potrebbe dover chiudere sulla corrente di cortocircuito.
La corrente di stabilimento deve essere almeno di tenendo presente che in MT la .
La è la corrente massima che può aprire;
la è la corrente di tenuta.
Altra tipica sequenza per gli interruttori ENEL installati a protezione delle linee aeree, spesso soggette a fulminazioni, è: O 0,3s CO 3min CO
Questo ciclo è più “cattivo” del precedente per cui è chiaro che il dispositivo che manovra l’interruttore è più complesso.
In BT si parla molto spesso di corrente di cortocircuito presunta in un punto.
Gli interruttori di bassa tensione si suddividono principalmente in due categorie: A e B.
A: il relé non ha alcun ritardo intenzionale e apre subito. Questi addirittura sono quelli in grado di intervenire prima del picco della corrente di cortocircuito.
B: il relé consente di impostare un ritardo intenzionale di intervento. Tali interruttori hanno una corrente di cortocircuito di tenuta dinamica e termica .
Nella categoria B sono definite:
·
· : corrente ultima di cortocircuito, ovvero la massima corrente che l’interruttore è in grado di aprire. Sostanzialmente si tratta del potere d’interruzione (P.I.).
· La prova a cui deve resistere l’interruttore percorso da tale corrente è del tipo: O t CO. Dopo tale prova l’interruttore chiaramente si danneggia e deve essere riparato; è anche richiesto che esso sia comunque in grado di richiudere nuovamente sulla corrente nominale anziché su quella di cortocircuito non garantendo però che il relé non comandi un’apertura (in presenza di In) in quanto potrebbe essere danneggiato.
· : corrente di cortocircuito di servizio. Viene data in termini di percentuale rispetto alla . Valori tipici sono: 25%, 50%, 75%, 100% di . Il ciclo di prova con questa corrente è analogo a quello degli interruttori in MT, cioè: O t CO t CO. Tale sequenza viene eseguita 1 volta.
In Europa la massima corrente di cortocircuito per la media tensione è di .
Per tutte queste prove ci riferiamo sempre al cortocircuito trifase.
Più lontani si è dal trasformatore e più l’impedenza alla sequenza omopolare è elevata.
Allora la corrente di cortocircuito monofase (guasto maggiormente probabile rispetto a quello trifase) è minore per cui gli interruttori possono avere intorno al 50% di .
Quelli, invece, vicini alla sbarra di distribuzione (immediatamente sotto al trasformatore) hanno .
Esempi di valori tipici:
· · · · per 1 s |
INTERRUTTORE INTERMEDIO |
· · · · per 0,5 s per 1 s per 3 s
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INTERRUTTORE SECONDARIO DEL TRASFORMATORE |
Tra il traliccio e il conduttore ci devono essere degli isolatori per isolare il conduttore dal potenziale di terra che viene assunto nullo per convenzione e il potenziale della fase.
ISOLATORE PORTANTE PER CONDUTTORE IN MEDIA TENSIONE: sostiene ed isola i conduttori.
ISOLATORE PASSANTE: viene usato per superare una superficie; per alimentare un quadro isolato in SF6 (esafloruro di zolfo )in media tensione (MT).
Una volta tutti gli impianti in MT erano isolati in aria nelle cabine, oggi invece i quadri sono molto più protetti con una maggiore sicurezza per le persone.
Gli isolatori devono riuscire a sopportare sollecitazioni di natura meccanica ed elettrica.
La progettazione di un isolatore non si fa mai in riferimento alla tensione di esercizio, ma di solito rispetto alla sovratensione che può derivare da fenomeni atmosferici.
Questa sovratensione è la più critica a cui può essere sottoposto un isolatore.
La sovratensione atmosferica è di tipo impulsivo con valore di picco di 125 kV.
Negli ultimi anni le linee aeree sono state soggette a critiche legate a problemi d’impatto ambientale e di inquinamento elettromagnetico. Per questi motivi oggi giorno nei centri abitati non si utilizzano più linee aeree, ma in cavo. Uno dei grossi problemi delle linee in cavo è la capacità ad essi legata.
I conduttori più utilizzati sono di alluminio in quanto pur avendo una resistività maggiore del rame, pesano meno. Pesano circa 1/4 ¸1/3 in meno del rame: un litro di rame è circa 9 kg e costa dai 6 ai 7 euro al kg. L’alluminio ha lo stesso prezzo però pesa meno.
Oggi viene utilizzato la gomma etilenpropilenica (EPR).
Lo spessore dell’isolante (EPR) per tensione di 20 kV è intorno ai 5¸6mm. È necessario, per distanze così piccole, controllare la distribuzione del campo. È indispensabile una guida di campo perché la rigidità dielettrica dell’isolante è tanto più alta quanto più uniforme è il campo.
Uno dei problemi dei cavi è la parte terminale. La parte terminale del cavo è importante e delicata dal punto di vista tecnologico. Si deve fare una terminazione del cavo per consentire allo stesso di passare dal dielettrico solido a quello gassoso (aria).
I terminali da cavo sono diversi da tecnologia a tecnologia. Per i nuovi quadri isolati in SF6 anziché passare all’aria e poi all’esafloruro di zolfo
sono state messe a punto tecnologie che permettono il passaggio diretto dall’isolante solido (cavo) all’SF6. (esafloruro di zolfo )
La funzione dell’isolatore è quella di garantire l’isolamento
Ora per un isolatore che ha una tensione nominale di 20 kV essere sottoposto a 19 kV o a 21 kV poco cambia;
invece nel caso di un trasformatore uno scostamento dal valore nominale della tensione per il quale ne è stato progettato il funzionamento influisce molto sulle perdite.
I trasformatori a parità di tensione e potenza hanno prezzi diversi a seconda della tecnologia utilizzata, la quale può prevedere una minimizzazione delle perdite a scapito di un maggior prezzo.
Un trasformatore si compra a peso: se costa meno, pesa meno Þ poco ferro e rame Þ induzione maggiore e perdite nel ferro maggiori; essendoci meno rame la resistenza è maggiore e ci saranno maggiori perdite nel rame Þ bollette più alte.
L’Enel prima di acquistare i componenti oltre a pretendere la dichiarazione di conformità alle norme richiede l’omologazione del prodotto ovvero la dimostrazione che il componente soddisfi ai requisiti minimi stabiliti. Può anche richiedere alcune modifiche particolari.
Le norme CEI sono divise in comitati:
11 Þ si interessa degli impianti in generale
14 Þ riguarda regole per la costruzione di trasformatori
42 Þ si interessa di prove e misure in alta tensione
64 Þ riguarda gli impianti in bassa tensione
È sufficiente seguire le norme per ritenere che l’impianto sia stato eseguito a regola d’arte (cioè il meglio che si può fare). È diventato molto attuale il problema della sicurezza.
Ogni tanto ci sono situazioni anomale per cui la procedura di misura fatta secondo norma è impossibile da eseguire Þ ci sono delle persone di ampie competenze che suggeriscono dei metodi di misura, di verifica alternativi; tuttavia anche i più esperti per coprirsi le spalle usano seguire le norme.
Per l’isolamento la tensione nominale a cui si fa riferimento è la massima tensione nominale che l’impianto può sopportare senza avere un cedimento (20 anni):
Un = 20 kV Um = 24 kV
PROVE PER GLI ISOLATORI
Þ sovratensioni di manovra: il dispositivo deve essere in grado di sopportare una sovratensione di manovra.
È sufficiente provare il nostro impianto, dispositivo ad una tensione sinusoidale di 50kV (valore efficace) per la durata di 1 secondo alla frequenza di 50Hz (il generatore sincrono che si usa in realtà non ha 50Hz e allora si è stabilito che l’intervallo di frequenza che si accetta è da 48Hz a 60Hz).
Þ sovratensioni di natura atmosferica: a livello internazionale si è scelta una forma d’onda unipolare non periodica normata. Si tratta di una tensione di tipo impulsivo la cui forma d’onda è la seguente
Questa curva raggiunge il massimo dopo 1,2ms e metà del valore massimo dopo 50ms.
Prove e norme sugli isolatori ce ne sono molte, di seguito vengono riportate le più importanti.
Rigidità dielettrica dell’aria: 30kV/cm. Questo valore vale solo alla distanza di 1cm e in presenza di campo elettrico uniforme.
La rigidità dielettrica dipende anche dalla polarità.
Considerando la configurazione piano-pallina la rigidità è intorno a 5kV/cm per polarità positiva;
Per polarità negativa è di 9kV/cm.
La rigidità dipende anche dalla forma d’onda della tensione applicata, per cui per distanze grandi si ha la scarica ad un livello minore per le tensioni impulsive rispetto a quelle sinusoidali
N.B.: le rigidità dielettriche sono date sempre come valore massimo o di cresta, mentre per le prove a frequenza industriale si fa riferimento sempre ai valori efficaci.
ISOLATORE PASSANTE
All’interno della resina dell’isolatore passante ci possono essere delle bolle d’aria o di altro gas che sono molto più stressate dal campo elettrico.
Si possono verificare delle scariche che rovinano la superficie portando col tempo ad una degradazione progressiva dell’isolante e ad un aumento delle dimensione della bolla.
Le sollecitazioni dielettriche che un componente può avere sono di tipo industriale e di natura atmosferica.
A causa della scarica si hanno nella cavità dei depositi carboniosi e si possono formare veri e propri percorsi di scarica. Questo tipo di scarica è detto scarica parziale.
Uno dei requisiti fondamentali per l’isolante solido (estruso* o porcellana) è l’assenza di buchi, vacuoli, bollicine, impurità all’interno di esso.
· L’isolante che veniva usato una volta per il cavo era carta-olio. Oggi viene utilizzato un estruso il polietilene.
Una prova recente è quella che consente di misurare le scariche parziali.
Per i trasformatori isolati in olio problemi di scariche parziali non esistono in quanto l’olio viene messo in circolo.
Di norma la prova all’impulso atmosferico è considerata una prova di tipo ovvero una volta fatta su un oggetto si può ritenere valida anche su tutti gli altri oggetti fratelli
Verificare o meno la presenza di bolle d’aria nella resina non è più una prova di tipo, ma viene considerata una prova individuale.
La distinzione tra prova individuale e prova di tipo è molto importante in quanto incidono in maniera diversa sui costi di un componente: la prova di tipo incide meno sul costo del componente, mentre la prova individuale incide molto di più.
Altro tipo di scariche parziali sono quelle che si verificano negli elettrodotti (nelle giornate nebbiose) per effetto corona.
In questo caso i danni che si producono nel vetro dell’isolatore sono nulli.
La scarica avviene perché il campo elettrico supera localmente la rigidità dielettrica dell’aria
La scarica può dare origine a fenomeni luminosi e sonori ed anche di emissioni di onde elettromagnetiche; procura la rottura locale dell’isolamento costituito da aria
Una misura per valutare l’interferenza di queste onde elettromagnetiche con le onde radio è la R.I.V. (Radio Interference Voltage). Si tratta di una prova di compatibilità elettromagnetica nata negli anni ’30 in quanto in quegli anni la radio si ascoltava in AM e le onde elettromagnetiche prodotte dall’effetto corona erano sede di disturbo.
Oggi la R.I.V. è una prova di qualità non certamente per problemi di ascolto della radio (oggi si ascolta in FM) ma per imporre al costruttore di controllare il campo in modo che la sua distribuzione sia ben studiata (soprattutto in alta tensione).
La misurazione della rigidità dielettrica è molto difficile: bisogna tener conto dei problemi di produzione per cui la rigidità reale del materiale è inferiore rispetto a quella valutata in laboratorio Þ si devono prendere dei coefficienti di sicurezza per una corretta valutazione.
Quando si parla di isolamento si fa una distinzione tra isolamento interno ed esterno
Per gli isolamenti esterni bisogna tener conto dei problemi di natura atmosferica: pioggia, salsedine nelle località in prossimità del mare, inquinamento in zone industriali. Agli isolatori per esterno si effettua una prova sotto pioggia e sono muniti di alettature laterali che sono indispensabili per rompere l’eventuale velo conduttore formato dall’acqua.
Scarica DISRUPTIVA: comporta la rottura dell’isolante (aria) e un collasso completo della tensione.
L’aria è un isolante autoripristinante. La parte ionizzata dopo la scarica con un po’ di vento viene sostituita da nuova aria con le caratteristiche isolanti consuete.
Vi sono anche altre scariche come quelle parziali e superficiali le quali possono danneggiare superficialmente l’isolante creando delle tracce che possono portare al collasso dell’isolante.
Se la scarica avviene all’interno del materiale solido si deve sostituire l’isolatore. Si parla in questo caso di scarica perforante.
L’isolante solido non è autoripristinante e una scarica in esso non è accettabile.
Si possono accettare solo scariche accidentali, occasionali.
Per la prova degli isolatori alla scarica atmosferica a 125 kV la norma prevede di applicare 15 impulsi di una polarità e 15 di polarità opposta e la si ritiene superata se avvengono al più due scariche per ogni polarità.
Tutti i valori di rigidità dielettrica e di tensione a cui effettuare le varie prove sono di tipo statistico.
La rigidità dielettrica fa riferimento al valore di campo elettrico per cui si ha il 50% di probabilità che avvenga la scarica.
CABINE MT-BT
Quadri blindati isolati in aria: l’elemento base è l’interruttore di manovra che può funzionare anche da sezionatore.
L’interruttore di manovra è un dispositivo che deve essere in grado di aprire e chiudere la corrente nominale ed inoltre chiudere la corrente di cortocircuito (operazione meno gravosa dell’apertura in quanto tende ad eliminare l’arco).
( INTERRUTTORE DI MANOVRA
È un dispositivo in grado di aprire la corrente nominale.
Nello schema che abbiamo visto deve intervenire solo per aprire la linea quando sia necessario lavorare sul trasformatore.
Questo interruttore non è in grado di aprire la ma deve essere in grado di sopportarla.
Nel caso di guasto deve aprire il circuito l’interruttore a monte che è posto nel punto di consegna dell’Enel.)
L’interruttore di manovra se inserito nel circuito assieme ad un fusibile può sostituire l’interruttore.
( INTERRUTTORE
Dispositivo che è in grado di interrompere la corrente di corto circuito che può manifestarsi in un impianto.)
Infatti in questo caso la protezione dal cortocircuito è garantita dalla presenza del fusibile. La scelta dell’una o l’altra soluzione verrà presa sulla base di valutazioni di tipo economico e sullo spazio che si ha a disposizione.
SEZIONATORE DI TERRA: molte volte è contenuto nell’interruttore di manovra.
Questo dispositivo deve tenere la corrente di cortocircuito e non deve aprirla o chiuderla.
Quando il sezionatore di terra è contenuto nell’interruttore di manovra deve essere in grado di chiudere la corrente di cortocircuito.
In MT sono stati costruiti dispositivi con tre posizioni che permettono l’apertura, la chiusura, la funzione di sezionatore di terra.
Gli interruttori considerati sono isolati in SF6.
Presentano due contatti:
- uno in cui passa la corrente di regime (fatto a tulipano) e che quindi deve tenerla senza eccessivo riscaldamento.
- l’altro deve interrompere la corrente di cortocircuito ed entra in gioco solo nella fase di apertura o di chiusura.
Nel circuito ci sono:
1. circuiti breaker: aprono la Icc (interruttori);
2. switch: aprono In;
3. contattori: le norme definiscono il contattore come “un dispositivo elettromeccanico di manovra”, ad azionamento non manuale, adatto per effettuare un numero elevato di manovre, capace di stabilire, sopportare ed interrompere delle correnti in condizioni ordinarie e di sovraccarico del circuito ad esso interessato.
La loro caratteristica è simile quella che si ottiene con un doppio diodo Zener. Se si supera un certo valore della tensione questo dispositivo la limita ad un determinato valore.
Interviene quindi per una tensione prossima ai 125 kV e comunque superiore ai 50 kV efficaci in quanto è (50 kV) la sovratensione normale che si ha durante le manovre.
Quelli recenti sono realizzati con pastiglie di ossido di zinco.
Se intervengono non creano disservizio perché una volta esaurita la cresta di tensione il circuito ritorna al nomale funzionamento.
Una volta al posto delle pastiglie di ossido di zinco venivano utilizzati gli scaricatori spinterometrici (corna) i quali però, entrando in azione creavano dei guasti monofasi e quindi bisognava aprire il circuito Þ disservizio.
Altro parametro fondamentale dello scaricatore è la quantità di corrente che riesce a sopportare e da ciò dipendono le dimensioni.
GIUNZIONI E TERMINAZIONI DI CAVO
Sono le parti più critiche dei cavi di MT.
Il materiale semiconduttore viene posto tra il conduttore e l’isolante in modo da rendere la superficie del conduttore cilindrica.
In questo modo si evita di avere gradienti[1] elevatissimi a causa dei piccoli raggi di curvatura dei trefoli.
Per lo stesso motivo si applica il materiale semiconduttore anche tra l’isolante e lo schermo che, in questo caso, è formato da un congruo numero di filetti di rame di sezione non elevata.
In questo modo il materiale isolante viene sottoposto ad un campo il più possibile uniforme (condensatore cilindrico).
Il materiale semiconduttore nel caso si utilizzi XLPE (polietilene reticolato) viene ottenuto direttamente sull’isolante applicando polvere di grafite.
In tal caso il complesso viene estruso e non è possibile sbucciare il materiale semiconduttivo da quello isolante se non asportandolo con un piccolo tornio. In alcuni casi con isolamento in EPR si può togliere anche a freddo il materiale semiconduttore.